Lo scontro sui migranti si sposta in Libia a colpi di tweet. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha chiesto alla nave Sea Watch 3, che mercoledì aveva soccorso 52 migranti in mare, di riportare tutte le persone a bordo della loro nave in Libia. «Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente» .

Sea Watch ha reso pubblica una mail della Guardia costiera di Tripoli, nella quale si legge l'offerta di Tripoli per un porto libico di approdo che continua a non essere e non avere le caratteristiche di un pos, place of safety come richiesto dalla Convenzione di Amburgo che regola i soccorsi in mare.

E la risposta della Ong, sempre su Twitter, non si è fatta attendere: «Sea Watch non sbarcherà i naufraghi in Libia. Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine. È vergognoso che l’Italia promuova queste atrocità e che i governi Ue ne siano complici».

Prima ancora che fosse assegnato ufficialmente Tripoli come porto per lo sbarco dei 53 migranti, i legali della Ong, Alessandro Gamberini e Leonardo Marino, hanno annunciato una querela per diffamazione nei confronti di Salvini.

Dopo aver cambiato rotta più volte, come ha indicato il monitoraggio radar, la Sea Watch si è diretta verso nord, ovvero verso Lampedusa. Il primo cambio di rotta, verso la Tunisia, aveva già causato l'irritazione del Viminale, che si aspettava invece che Sea Watch approdasse a Tripoli come concordato con le autorità libiche.

«Inutili sofferenze per gli immigrati a bordo della Sea Watch: da ore - senza motivo - sono fermi in mezzo al Mediterraneo». Lo sottolineano fonti del Viminale, ricordando che la Sea Watch ha chiesto a Tripoli un Pos e ha ricevuto risposta positiva. «Eppure, ha appena modificato la rotta dirigendosi verso la Tunisia anziché verso Sud. Si trova a 69 miglia da Zarzis, a 48 da Tripoli, a 124 da Lampedusa e a 176 da Malta. C’è preoccupazione per le persone a bordo - sottolineano le stesse fonti - tra cui alcuni bambini che potrebbero sbarcare al più presto come richiesto dalla stessa Sea Watch».