Ha definito l’Europa il «quarto Reich», accostando la sua bandiera a una svastica hitleriana (proprio lui che per celebrare la vittoria di Donald Trump si esibì in un saluto nazista). Poi ne ha chiesto l’abolizione e infine ha cancellato l’account istituzionale dell’Ue dal suo social, X.

Una rappresaglia capricciosa e sinistra quella consumata dall’uomo più ricco del pianeta, multato dalla Commissione di Bruxelles per violazione delle regole di trasparenza sul web: 120 milioni di dollari, per lui l’equivalente di due giorni di lavoro. Non è questione di soldi ma di “principi”.

Senza più incarichi ufficiali nell’amministrazione Usa, Elon Musk incarna ormai un trumpismo ancor più estremo e nichilista, un’estensione informale ma potentissima del nuovo hard power americano, non una scheggia impazzita, ma una pedina distrubante e funzionale alla crociata di Washington e Mosca contro le democrazie europee. Se Trump è il comandante supremo dell’armata, Musk ne è il braccio irregolare, il freelance della destabilizzazione. Un uomo che può far volare razzi nello spazio, mandare in orbita satelliti, accendere un conflitto o spegnerlo con un interruttore, come quando ha ridotto l’operatività di Starlink in Ucraina per «evitare un’escalation».

Il confine tra scelta tecnica e decisione politica, nelle mani di un uomo con una tale concentrazione di potere, semplicemente non esiste. Il suo estremismo personale diventa così una variante noir progetto trumpiano, una propaggine della guerra ibrida che il mondo MAGA sta facendo all’Europa in perfetta armonia con le visioni del Cremlino. Indebolire l’Unione, delegittimarla, renderla ancora più irrilevante di quanto non lo sia già.

E Musk assolve il compito con fervore religioso, con un entusiasmo quasi infantile, da perfetto villain dei fumetti, animando uno show permanente di eccessi verbali, provocazioni nichiliste, utilizzando la sua immensa ricchezza, superiore al Pil di intere nazioni, come una specie di arma nucleare diplomatica.

Al di là del folklore, Musk controlla da anni infrastrutture strategiche per l’economia globale, dalle reti satellitari ai nuovi data center di Intelligenza artificiale, dalle interfacce neurali alle piattaforme di pagamento online. Mentre con la sua X, in nome di una libertà d’espressione che vale soltanto per chi la pensa come lui, da tempo inonda la rete di campagne d’odio e fake news. L’ultima domenica scorsa tramite l’influencer britannico di estrema destra Tommy Robinson che ha trasformato un incidente stradale avvenuto in Guadalupe con venti feriti non gravi in «una strage con dieci morti di cui i media ufficiali non vi parlano».

Per diverse ore la falsa notizia ha circolato nella rete raccolta anche datestate giornalistiche come Indian Express, alimentando il consueto telefono senza fili complottista. Una piovra di interessi e di distopiche fughe in avanti che interferisce costantemente con il funzionamento della democrazia. A ogni sua provocazione, si oscilla tra la tentazione di ridere e quella di allarmarsi e ci si chiede come sia possibile che un simile individuo non venga limitato e tenuto lontano dalle stanze dei bottoni.

Ma il punto è che Elon Musk non è più solo un imprenditore eccentrico e miliardario. È un attore politico globale che non risponde a Parlamenti, elezioni o trattati. Risponde solo a sé stesso. E quando un uomo con questo potere diventa il braccio armato di un progetto politico autoritario, non si è più nel regno della libertà d’espressione: si è nel campo della destabilizzazione deliberata.

La multa dell’Unione europea è stata per Musk un mero pretesto, una scusa per confermare ciò che già pensa: che le istituzioni democratiche sono deboli, lente, facili da umiliare. E che il mondo del futuro non sarà regolato da Bruxelles o dalle esangui cancellerie europee, ma da chi possiede lo scettro della forza politica e militare e da chi, come lui, regna sovrano su un’innovazione tecnologica al servizio del caos.