Quando ho saputo delle polemiche sul divieto di indossare il burquini e poi l'hijab non ci ho potuto credere. Sinceramente ho pensato a uno scherzo. Poi mi sono informata e ho provato un totale sconcerto. Eppure, in quanto musulmana e velata sentivo da mesi che il vento stava cambiando, forse da anni. Sono una cittadina francese del Nord-Pas-de-Calais e di origine berbera da parte dei miei nonni.Insomma sono una  Ch'ti (il nome con cui vengono chiamati scherzosamente gli abitanti del Nord n. d. r. ) di 34 anni, da 10 abito a Place des Vosges, nel cuore del "marais" parigino. Da diversi anni indosso un velo: precisamente un jilbeb, ossia un vestito con il foulard integrato. Ho lavorato per persone molto diverse, di ogni confessione, come maestra di sostegno e cuoca a domicilio. Prima di ogni colloquio avvertivo che avrei lavorato con il velo e questo non mi ha mai creato grandi problemi.Tre anni fa però ho ripreso i miei studi e sono tornata nelle scuole materne come assistente. All'improvviso ho iniziato a ricevere critiche sul mio abbigliamento e questo è diventato via via insopportabile. Mai da parte dei bambini, che danno prova di amore incondizionato e non ti giudicano mai, ma dei loro genitori. Ho una laurea breve in psicologia e un diploma di infermiera più un altro di massaggiatrice a domicilio. Oggi sto tentando di diventare una libera pèrofessionista, l'unico modo in cui posso guadagnarmi dignitosamente da vivere.Da 15 giorni, però, la mia esistenza è invivibile. Dovreste passare un po' di tempo con me per rendervi conto di quanto sia frustrante. All'inizio erano gli sguardi. Pesanti. Facevo finta di niente, non volevo fare la vittime né accendere polemiche. Ma la violenza, in generale, procede per tappe. Così sono arrivati i rimproveri verbali. Spesso mi criticano davanti mia figlia, che ha sette anni, ma io preferisco mantenere il profilo basso in sua presenza. In autobus è frequente che le persone sbuffino quando entro, oppure cambiano posto quando mi siedo accanto a loro. Da un po' di tempo ho rinunciato a mangiare il gelato con mia figlia a Bastille perché ho paura di quel che mi aspetta in strada. Siamo arrivati a questo: non posso più camminare tranquilla e offrire un gelato alla mia piccola.La frase che mi dicono più spesso? «Tornatene a casa tua». Bene, ma dove? Conosco solo Francia. Quando vado in vacanza non mi sposto lontano, di solito vado in normandia perché non è cara e poi amo i suoi paesaggi, i paesaggi del mio paese. Non ho mai messo piede in Algeria, la terra da dove provengono i miei nonni. Ogni anno rimando il viaggio. D'altra parte non sono neanche mai stata in maghreb. Mi accusano anche di approfittare dello stato sociale. Ma ho sempre pagato le tasse, ho sempre lavorato e non perecepisco sussidi statali.Martedì scorso ho portato mia figlia e le sue amichette al parco di Astérix. Tutto è andato bene, fino all'ora di pranzo. Un uomo mi ha indicata, d'istinto ho risposto con lo stesso gesto, che forse non era la cosa migliore da fare, però poi l'uomo ci ha lasciate in pace.Spesso gli uomini aspettano che io rimanga da sola per insultarmi e criticarmi. Quando sono in compagnia di qualcuno come mio padre o mio fratello non subisco né sguardi né rimproveri. Che cosa devo dedurre? che una donna sola non merita rispetto?La parola "schiavitù" recentemente va molto di moda e si giustifica il divieto del velo nel nome dell'uguaglianza uomo-donna. ma se io ho dovuto aspettare il divorzio per poter vivere come voglio, nessuno mi ha influenzato. il mio velo è un simbolo di sottomissione, ma a Dio non agli uomini. Il mio ex marito è musulmano come me, ma era imbarazzato di fronte al velo, aveva paura degli sguardi delle altre persone, delle critiche che avrei potuto ricevere. Io avrei voluto indossarlo lo stesso, ma non ne avevo il coraggio. Vi assicuro che per portare il velo oggi in Francia ce ne vuole molto di coraggio.Sono di educazione musulmana, ho ricevuto le basi religiose dai miei genitori. Sono molto interessata dalla teologia, ho letto il Corano, la Bibbia, la Torah e dopo questo cammino personale ho deciso di tornare all'Islam. Il velo viene evocato dalle tre religioni e ai miei occhi rappresenta una continuità nella fede. È grazie a queste letture che ho trovato il coraggio; è stato un lunedì mattina, alla nascita di mia figlia, nel 2009. Ho iniziato con l'hijab (il foulard che copre i capelli), poi sonpo passata allo jibeb. Non mi spingerò più in là e non porterò il burqua, un po' perché è complicato in un paese non musulmano, ma soprattutto perché non seguo quella scuola religiosa.I vicini di casa sono stati i testimoni della mia evoluzione. Alcuni non mi parlano più, ma ho mantenuto buoni rapporti con la maggioranza. Quando li invito sono disorientati, non mi riconoscono. A casa indosso dei vestiti, delle gonne e mi trucco; voglio farmi bella per me stessa, non per gli altri. Non sono mai stata il tipo che si agghinda quando esce con le amiche, ma non giudico per niente chi vuole farlo.Sono velata. E femminista. Anche se la mia visione del femminismo è denigrata da alcuni e accettata da altri. Quello che mi interessa è la libertà delle donne, il diritto a poter fare quel che vogliamo. A scoprirci ma anche a coprirci se lo desideriamo. Personalmente non amo il burquini, ma difendo la libertà di vestirci come vogliamo in spiaggia. In ogni caso, quest'anno non andrò più in spiaggia con mia figlia. Non mi va di subire gli sguardi, le prese in giro, le critiche sgradevoli.Nel 2008 un aneddoto mia ha convinta a fuggire dalle spiagge. Ero vi cina Deauville. Indossavo un pareo, non a causa della religione ma perché mi sentivo a disagio. All'epoca ero sovrappeso e non volevo mostrarmi in costume da bagno. Una vecchia signora si avvicina e mi dice: «Perché si copre così, perché non approfitta del sole? Che peccato! ». Un'osservazione che non aveva alcun carattere razzista o religioso, ma che la dice lunga sul controllo che deve subire il corpo femminile.L'anno scorso sono andata in spiegga a Honfleur con mia figlia. Indossavo un pareo e un foulard. Ho fatto il bagno con lei, poi abbiamo costruito un castello di sabbia. È stata una giornata bellissima, purtroppo credo che dovrò aspettare molto tempo prima di viverne un'altra.dal Nouvel Observateur