PHOTO
Appena svestito il lutto per la scomparsa del padre fondatore Gianroberto Casaleggio, tra i grillini si apriranno le danze per la sua successione.Inizierà una vera e propria battaglia per accaparrarsi un trono che nessuno prima di ieri osava mettere in discussione.In politica non esiste il vuoto. Appena una casella si libera cè sempre qualcuno pronto a occuparla. È solo questione di tempo e di modi. Ma gli spazi si colmano sempre. È una regola che vale anche per il Movimento 5 stelle, il non partito che si è sempre dichiarato geneticamente diverso da tutte le altre forze politiche. E così, appena svestito il lutto per la scomparsa del padre Gianroberto Casaleggio, tra i grillini si apriranno le danze per la successione. O inizierà la guerra, a seconda dei punti di vista, per accaparrarsi un trono che nessuno prima osava mettere in discussione. Perché se lautoritarismo del cofondatore del Movimento si nutriva di unautorevolezza di fondo, adesso nessuno dei colonnelli sarà disposto a sottostare al potere di chi fino a ieri considerava un parigrado. Né sarebbe indolore uneventuale incoronazione per diritto dinastico di Davide Casaleggio, il trentanovenne bocconiano che da almeno due anni gestisce ufficiosamente la macchina organizzativa (e operativa) pentastellata: investiture, espulsioni, votazioni on line. Per risolvere la querelle molti attivisti in Rete stanno invocando il ritorno in campo di Beppe Grillo, lunico collante rimasto, il solo arbitro capace di imporre delle regole.Il direttorioLo scontro per la leadership potrebbe consumarsi allinterno del direttorio, la cerchia ristretta di fedelissimi scelti dallo Staff due anni fa. Membri di quella che in un altro partito si definirebbe segreteria politica sono cinque deputati. I campani Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia e il romano Alessandro Di Battista. Tolti Ruocco e Sibilia, che si son ritagliati un ruolo più defilato, la sfida vera si ridurrebbe a due: il vice presidente della Camera, Di Maio, contro il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Fico. Di Battista, uomo immagine del Movimento, sembra invece disposto ad accettare la parte di comprimario, sostenendo scalata dellamico Luigi. Ma Roberto Fico, custode dellortodossia grillina, non si arrenderà facilmente a Di Maio, il leader in pectore coccolato dallo Staff. È da tempo che i due non perdono occasione per beccarsi. Lultima, solo pochi giorni fa. Pretesto: la sfiducia al governo Renzi dopo linchiesta sul petrolio. Mentre Di Maio cercava di tessere trame unitarie per mettere insieme tutte le opposizioni contro lesecutivo, compresa la Lega Nord, Fico lo bloccava con un secco: «Noi presenteremo la nostra mozione. Se la Lega vuole la voti, ma insieme non scriviamo niente. Al massimo ti fai un selfie... ». Una sorta di richiamo allordine per il vice presidente della Camera che incassava imbarazzato: «Quella di Roberto è stata una battuta».Tra i due non sono mancate incomprensioni e rimpalli di responsabilità già sul caso Quarto, il piccolo comune campano guidato dalla grillina Rosa Capuozzo sospettata di aver subito pressioni dalla camorra. Ma il vero gelo si registra a settembre dello scorso anno. Durante la conferenza stampa sul reddito di cittadinanza, Beppe Grillo scherza con Di Maio: «Maledetto, sei il leader». Linvestitura informale non va proprio giù a Roberto Fico che poco dopo commenta: «È una bella battuta quella di Beppe ma il leader è il Movimento 5 Stelle». Un Movimento che adesso però è scalabile.I territoriLa scomparsa di Casaleggio riapre i giochi anche sui territori, dove ogni ras locale vorrà far valere il proprio peso. Campo di battaglia più caldo: Roma. È qui che si scontrano i big più influenti nel bel mezzo della campagna elettorale. Roberta Lombardi, già indebolita dalle comunarie (il suo pupillo Marcello De Vito ha perso contro Virginia Raggi, candidata vicina a Di Battista), senza lideologo del Movimento rischia di uscire ulteriormente ridimensionata. Ne trarrebbero vantaggio lonnipresente Di Battista e lagguerritissima Paola Taverna. Proprio nei giorni in cui la corsa al Campidoglio di Virginia Raggi viene messa in discussione da una serie di ricorsi presentati da alcuni attivisti storici esclusi dalla competizione e poi espulsi dal Movimento.