Una regione al centrosinistra e una al centrodestra. La domenica elettorale finisce in parità, ma si tratta di un pareggio solo apparente perché il peso politico dell'Emilia - dove Stefano Bonaccini ha trionfato con 8 punti di vantaggio su Lucia Borgonzoni-  la roccaforte rossa che Matteo Salvini voleva scardinare, non può essere paragonato a quello della Calabria, dove la vittoria della forzista Jole Santelli era annunciata da settimane. In Emilia, invece, Salvini e  Giorgia Meloni avevano puntato le fiches più pesanti dichiarando più volte che un'eventuale vittoria avrebbe automaticamente fatto cadere il governo giallorosso di Conte. Ma la spallata del centrodestra non è riuscita e la marcia trionfale di Salvini verso il Colle - "lunedì chiederemo a Mattarella di indire nuove elezioni" - e verso palazzo Chigi, si è trasformata in un mesto rompete le righe. L'altro vincitore, oltre a Bonaccini naturalmente,  è il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Le prefiche che da mesi profettizavano la sconfitta e le inevitabili dimissioni di Zinga, hanno sbattuto contro il muro dem: primo partito in Emilia col 34,6% e in Calabria col 15,2%. Non solo, Zingaretti ha avuto anche l'astuzia di citare il "ruolo fondamentale delle sardine".  E in tutto questo Matteo Renzi sta a guardare, anche lui incredulo nel vedere un Pd così in forma. Ma le urne certificano anche il collasso del Movimento 5Stelle. Il 6,2 % calabrese e il 4,7% emiliano mettono il timbro dell'ufficialità sulla crisi del Movimento fondato da Beppe Grillo. Sotto le aspettative anche i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni che prendono un modesto 8,2% in Emilia, lontanissimo dal 31,9% della Lega, e un deludente 10,8% in Calabria dove finiscono sotto Forza Italia e Lega. Risultato: ora il governo Conte è leggermente più saldo e il Pd decisamente più forte dei 5Stelle. Forse troppo.