“Luci a San Siro non ne accenderanno più”. Difficile non pensare alle parole di Roberto Vecchioni, a una delle sue canzoni più malinconiche e arrabbiate, Luci a San Siro, appunto. A quello stadio che illumina da sempre un quartiere e ha illuminato più di qualche generazione e di una stagione politica e pure amori più o meno rubati. In quel pezzo il cantautore professore ce l’aveva con il tempo che passava e non tornava e con l’industria musicale, ma a chiuder gli occhi e pensarci su, potrebbero stare bene pure su questa delibera che vende San Siro – ma che occasione, ma che affare, vendo lo stadio con le torri e le gradinate, lo vendo agli americani per farmelo buttare giùùùù (scusaci Bennato, non sappiamo quello che facciamo) – a due squadre di calcio iconiche e storiche del campionato italiano perché, appunto, lo demoliscano.

PROTESTA CONTRO LA VENDITA DELL'AREA STADIO SAN SIRO BENE COMUNE STRISCIONE MANIFESTAZIONE MANIFESTANTI
PROTESTA CONTRO LA VENDITA DELL'AREA STADIO SAN SIRO BENE COMUNE STRISCIONE MANIFESTAZIONE MANIFESTANTI
PROTESTA CONTRO LA VENDITA DELL'AREA STADIO SAN SIRO BENE COMUNE STRISCIONE MANIFESTAZIONE MANIFESTANTI (IMAGOECONOMICA)

Per carità, è caduto il muro di Berlino e le macerie son diventate pezzi d’arredamento e antiquariato, può succedere anche alla Scala del Calcio che peraltro vedrà un pezzo di sé diventare museo e fan store. E anche nel calcio abbiamo vissuto traumi notevoli: Wembley, Highbury, White Hart Lane in Gran Bretagna, San Mames, la Catedral, e il Calderòn in Spagna non esistono più, probabilmente anche più belli di San Siro e ora sostituiti da astronavi cabriolet senza grande personalità, ma fonti di ricavi ( non guadagni, quella è una bolla che vedremo esplodere presto) a 7 zeri e 7 stelle.

Ma in Italia non eravamo abituati, i vecchi stadi, dal Collana a Campo Testaccio, li abbiamo pure tenuti, male, ma non abbiamo avuto il cuore di spazzarli via. Lo abbiamo fatto giusto col Delle Alpi, che però era brutto al di là del bene e del male. San Siro che non esisterà più, però, fa male. E non solo a milanisti e interisti. Perché il calcio come si vede lì, ti piace persino quando perdi. San Siro sono i primi concerti di ognuno di noi, i primi viaggi di musica e libertà. L’estate di Bob Marley. 1980 di Paolo Pasi edito da Jaca Book la racconta con dolce precisione quella linea d’ombra che è stata per molte generazioni il viaggio a Milano destinazione San Siro, ancora più per ragazzi che con il reggae provavano a scrollarsi di dosso gli anni di piombo. Fu un pellegrinaggio verso un essere mistico. Che cantò bene Antonello Venditti, in Piero e Cinzia. Partirono insieme “destinazione San Siro”, il 27 giugno 1980, tornarono separati. Lui, in autostop, salì sulla Saab Nera Turbo del core de Roma, che a Milano si trovò nell’albergo del musicista giamaicano e per curiosità andò a vederlo, e gli raccontò la storia che diventò hit.

DERBY COPPA ITALIA MIALN INTER STADIO SAN SIRO BANDIERE TIFOSI
DERBY COPPA ITALIA MIALN INTER STADIO SAN SIRO BANDIERE TIFOSI
DERBY COPPA ITALIA MIALN INTER STADIO SAN SIRO BANDIERE TIFOSI

Con San Siro, saremo nostalgici, ma muore un immaginario che non è solo calcistico. Muore uno stadio che ogni volta che si riempie è un evento, uno spettacolo nello spettacolo, muore un monumento moderno che ha sedotto pure un pallone d’oro come Luka Modric che un passaggio qui, a quarant’anni, ha dovuto farlo, come i grandi direttori d’orchestra devono fare nelle hall più importanti. Così come Taylor Swift, perché nei tour mondiali siamo periferia dell’impero, ma da qui quando possono le star passano eccome.

Eppure Cardinale e Oaktree, ma anche Scaroni e Marotta, vogliono ridurlo in macerie. Con Sala che dopo una debole resistenza, ha ceduto dietro la minaccia, stanca e stantia (Aurelio De Laurentiis sono anni che annuncia stadi nell’hinterland, poi rimane al San Paolo ora Maradona) di uscire fuori dalla città meneghina per farsi il proprio impianto. Anche la cabala parla al cinismo di chi specula su questo tempio del calcio, ma poi cosa c’è da aspettarsi da un dirigente che cannibalizza gli altri a forza di parametro zero rapinati agli altri o comprando giocatori dettati da un algoritmo. E andando indietro nel tempo scopriamo che il 10 novembre del 1929 si giocò il primo derby a San Siro tra Inter e Milan ( prima una era di casa all’Arena Civica e l’altra a Porta Monforte). Quel 10 novembre che 96 anni dopo è diventata la deadline per il rogito e che allora vide una partita gagliarda finire 2- 1 per l’Internazionale con gol di Visentin e Giuseppe Meazza, a cui poi sarà intitolato l’impianto. E in panchina per i nerazzurri c’era il mitico Arpad Weisz, genio ungherese che portò il Sistema e il calcio moderno in Italia che lo ripagò neanche 10 anni dopo costringendolo alla fuga a causa delle leggi razziali (morì, come racconta nel suo libro Matteo Marani, ad Auschwitz nel 1944).

PROTESTA DEI CITTADINI SAN SIRO BENE COMUNE CARTELLO PROTESTE
PROTESTA DEI CITTADINI SAN SIRO BENE COMUNE CARTELLO PROTESTE
PROTESTA DEI CITTADINI SAN SIRO BENE COMUNE CARTELLO PROTESTE (IMAGOECONOMICA)

Lo so cosa state pensando. Perché demolirlo. Perché non renderlo un luogo di “culto”, in cui tutto questo diventi magari sede di archeologia moderna, uno sguardo sull’ultimo secolo, un’occasione di rendere il calcio qualcosa d’altro oltre a un business? Lo hanno capito in Messico, dove lo stadio Azteca è stato rinnovato, ma partendo da quegli spogliatoi ampi per la squadra di casa e claustrofobici per chi viene da fuori, esattamente sotto il settore più caldo del tifo. E che ora è un luogo di pellegrinaggio in cui un corridoio di foto, hall of fame (e of foot, di impronte di piedi), di date è preceduto da una statua di Diego Armando Maradona mentre segna il gol più bello del mondo ( quello con la mano, ovvio).

Vero, il Pibe a Milano non ha giocato le sue partite migliori. Ma nel 1990 prima di Argentina-Camerun 0-1 da campione del mondo uscente, incontrò Bennato e Gianna Nannini che cantarono Un’estate italiana. E lì il Pelusa decise il nome della sua seconda figlia, Giannina, perché amava la rocker e la sua musica. Sentita, appunta, a San Siro. Persino lui di questo stadio ne sentiva la storia, ne aveva un timore reverenziale, lo individuava come il quartier generale del Nord che combatteva, ma pure rispettava. Ma da lì son passati comunque Ronaldo e Van Basten, tanto per citarne un paio, qui Bruce Springsteen ha fatto uno dei suoi live più belli e poi ha bombardato Trump con la sua rabbia e il suo orgoglio.

Ma Milano si vanta di essere una città europea. E allora come Madrid, Bilbao, Londra (ma pure in Malesia hanno appena uno degli stadi più grandi del mondo e ora il Maracanà è irriconoscibile) è diventata solo una banca immobiliare, dove ogni metro cubo deve rendere. “Guadagno, spendo, pago, pretendo”. “Lavoro, guadagno. Pago, pretendo”. Guido Nicheli i cummenda milanesi li sfotteva divinamente. Ma la verità è che i veri milanesi a buttar giù San Siro non ci pensavano proprio, ci son voluti i fondi d’investimento d’oltreoceano. Noi, fino al 2031, comunque speriamo. Perché le luci a San Siro, almeno fino a quel momento, le accenderanno. Pure se la mia Seicento e la ragazza che tu sai non ci sono più.