C'è qualcosa di nuovo sul fronte giordano. Il 20 settembre si sono svolte le elezioni parlamentari e per la prima volta negli ultimi venti anni sono stati eletti alcuni Fratelli Musulmani. Mancano ancora le cifre ufficiali, ma il blocco NCR (National Coalition for Reform) dovrebbe aver conquistato 16 dei 130 seggi parlamentari a disposizione. Una proporzione che può apparire bassissima, ma che ha una rilevante importanza politica. Il fronte Islamista, il partito più grande della Giordania, non partecipava alle elezioni dal 1993, dopo la riforma elettorale dell'allora re Hussein. Con il sistema «un uomo, un voto» il re bloccò l'avanzata dei Fratelli Musulmani che avevano ottenuto più di un quarto dei deputati alle elezioni precedenti. In seguito alle proteste popolari e per evitare una "primavera" anche in Giordania, l'anno scorso re Abdullah ha reinserito il sistema proporzionale, suddividendo il Paese in 15 distretti. La ripartizione dei seggi continua a svantaggiare il fronte Islamico, perché le zone rurali dell'Est del Paese hanno più peso delle città e delle zone a maggioranza palestinese, dove l'opposizione è più forte, ma ciononostante i Fratelli Musulmani hanno deciso di rompere il loro isolamento.Una decisione che ha provocato una frattura interna, con l'Islamic Actionf Front (Iaf, il braccio armato) che ha abbandonato il suo slogan «l'Islam è la soluzione» e ha dato vita a un blocco con alcuni candidati cristiani e figure intellettuali di spicco e il Gruppo dei Fratelli Musulmani che ha corso da solo. Comunque entrambi cercheranno alleanze in Parlamento, a detta di un esponente di spicco della Fratellanza Zaki Bani Rusheid. Parlamento che resta comunque saldamente in mano del blocco di maggioranza che riunisce i fedeli a re Abdullah, il ceto alto e più ricco del Paese e i leader delle tribù locali che controllano i vari distretti.Altra novità importante di queste elezioni (a cui hanno partecipato solo il 37% degli aventi diritto) è la pattuglia di donne candidate (252) e di quelle elette: 20, quando nello scorso parlamento erano 18 su 150 membri. Un risultato migliore di quanto previsto dalla riforma, cioè una donna ogni distretto. «È il segnale di una maggiore apertura della società. - ha detto al Guardian, la ex ministra Asma Khader - La gente adesso è pronta a vedere le foto delle donne candidate sui giornali e sui manifesti elettorali».Una svolta forse favorita anche dalla recente e contestatissima decisione del ministero dell'educazione di intervenire su alcuni testi di scuola del triennio delle elementari. Per esempio, l'educazione civica insegnerà che i cristiani sono una comunità integrante della Giordania e nei libri appariranno chiese accanto alle moschee; oppure in religione sono stati eliminati alcuni versi del Corano e in letteratura araba la figura di una donna velata è stata sostituita con una senza velo. Infine il cambiamento che più ha fatto infuriare i conservatori: nell'insegnamento dell'arabo (che si studia sul Corano in tutti i Paesi arabi) una sura del libro sacro è stata sostituita con un testo sul nuoto. Nuovi materiali di studio che, secondo il primo ministro Jawad Anani «sono stati pensati per combattere l'avanzata dell'estremismo nella società», ma che hanno provocato reazioni contrastanti. I più accaniti oppositori sono proprio i Fratelli Musulmani dello Iaf, che hanno intimato al governo di «cancellare queste negative alterazioni, che sono un affronto alle nostre radici e al patrimonio culturale e che vogliono invece allontanare le future generazioni dalla loro religione, la loro identità araba, la loro storia e la loro tradizione». L'associazione dei medici giordani, controllata interamente dalla Fratellanza, ha rincarato la dose con un comunicato ufficiale: «Noi diffidiamo del governo di coloro che perseguono un'agenda occulta contro il proprio Paese».Il governo però va avanti per la sua strada, forte anche del sostegno della regina Rania che il 5 settembre ha apertamente criticato un sistema scolastico che nel 2015 ha visto solo 24mila studenti superare l'esame per accedere all'Università. «Non è una questione politica o religiosa. - ha precisato il ministro dell'educazione Mohammad Thuneibat - Noi riformeremo il sistema scolastico perché finora ha prodotto migliaia di studenti che non sanno né leggere, né scrivere».