La Corte d’Appello della città dell’Aja ha ingiunto al governo olandese di non inviare in Israele i pezzi di ricambio prodotti nel paese e necessari per far funzionare gli aerei F35 utilizzati dal governo israeliano per bombardare Gaza e di conseguenza capaci di uccidere un numero illimitato di civili (ormai siamo a quasi 30.000). La Corte individua nella fornitura una violazione dei diritti umani ed una violazione specifica della legge sulla fornitura di armi. Il Governo olandese ha già dichiarato che farà ricorso alla Corte Suprema contro la sentenza di secondo grado, che peraltro rovescia la sentenza di primo, che aveva dato torto alla organizzazion e ricorrente, la ong Oxfam.

Sulla sentenza di ieri della Corte d’Appello ha certamente pesato la decisione di una quindicina di giorni fa della Corte Internazionale di Giustizia, ubicata anch’essa all’Aja, che, sul ricorso del Sudafrica, aveva ingiunto ad Israele di far cessare l’uccisione di civili palestinesi nella striscia e diverse altre previsioni, anche se non aveva espressamente accolto la richiesta sudafricana di qualificare come genocidio ciò che sta accadendo a Gaza.

Le leggi di molti stati europei relative alla vendita o comunque alla fornitura di armi all’estero, Italia compresa, prevedono analoghi divieti. Allora inevitabilmente si affaccia la domanda: e se ancora in altri stati, Italia compresa, Oxfam – che è una organizzazione internazionale presente anche nel nostro paese – si rivolgesse alla magistratura ordinaria per ottenere una ingiunzione analoga a quella dettata dalla Corte olandese e magari l’esito fosse analogo a quello dei Paesi Bassi? In fin dei conti, come già detto, anche la nostra legge sulla esportazione di armi ( e le parti di armi sono parificate) vieta espressamente la fornitura di armi che sia provato che vengono usate per scopi che implichino la violazione di diritti umani fondamentali.

Dunque un esito analogo è plausibile sia in Italia che altrove. Il giudizio politico su una simile sentenza sarebbe sicuramente positivo agli occhi di chi si batte perché cessi il massacro dei civili palestinesi. Chi invece è d’accordo con Netaniahu bollerebbe tal sentenza come il massimo della negatività. Il punto che qui interessa, però, non è questo. Il punto è: non sarebbe anche questo un modo di addossare alla magistratura ordinaria un compito che è della politica, vale a dire di Parlamento e soprattutto Governo? Non significherebbe addossare ai giudici una volta ancora, un compito di supplenza per ciò che la politica non sa o non vuole fare, o addirittura che decide in senso diametralmente opposto? E’ vero: c’è una norma e la violazione della medesima è materia di indagine e di decisione della magistratura ( in sede penale, o, trattandosi di diritti umani fondamentali, anche eventualmente civile).

Tant’è che nel caso di Cutro è avvenuto proprio questo: i giudici che se sono stati chiamati ad interessarsene hanno deciso che il decreto governativo ( dunque un atto amministrativo, nemmeno una legge) che imponeva determinate regole violative dei diritti umani dei migranti andava disatteso. Insomma, dinnanzi alla negazione di diritti fondamentali, alla magistratura non può essere preclusa né l’indagine né la sanzione. Ma questo ci fa fatica doverlo ammettere perché significa devolvere ai giudici tematiche e problemi che non siamo riusciti a risolvere, e talora neppure ad affrontare, con i mezzi di una politica gestita democraticamente.

Così come avvenne per mafia, terrorismo e tanti altri punti dolenti della nostra storia più o meno recente. Poi, non lamentiamoci che i giudici hanno troppo potere.