Platone certo non avrebbe immaginato che a rinverdire la memoria della filosofia antica sarebbe stata una serie TV britannica in 19 episodi. Aveva però previsto i pericoli della finzione creativa, il rischio che si finisse per non distinguere più la realtà dalla sua riproduzione attraverso le arti.

Ma se il filosofo ateniese ammoniva contro gli inganni della retorica e della scrittura, i nostri potenziali nemici sono ancora tutti da inventare: al centro di Black Mirror, la serie cult ideata da Charlie Brooker nel 2011 e distribuita da Netflix, troviamo infatti il racconto di un futuro prossimo dagli scenari spesso cupi e inquietanti in cui la tecnologia rivela tutta la sua forza a discapito dell’uomo.

A ben vedere, il futuro ipotizzato assomiglia più a un presente alternativo, in cui le tecnologie già a nostra disposizione sono soltanto potenziate quel tanto che basta ai suoi fruitori per farne un uso sconsiderato. Non sono quasi mai infatti i prodotti della modernità a prendere il sopravvento sull’uomo, è piuttosto l’uomo a perderne il controllo dimostrando di non avere alcuna capacità critica nell’uso che ne compie.

È Tommaso Ariemma, filosofo e scrittore napoletano autore del saggio La filosofia spiegata con le serie tv (Mondadori), a mettere insieme le immagini del famoso “schermo nero” con il pensiero di Platone.

La particolare associazione tra filosofia e fiction tv ci viene da più parti nel tentativo di ringiovanire l’una e ancorare l’altra alla speculazione intellettuale: nasce così il concetto della “popsophia” e la sfida di intellettuali e scrittori per comprendere i fenomeni della società contemporanea con gli strumenti fondamentali della cultura occidentale.

In occasione del Festival “Philodiritto”, a Macerata il prossimo 16 e 17 novembre, Ariemma parlerà in particolare degli incubi distopici della giustizia in un incontro dal titolo “Black Mirror e diritto visionario” per la rassegna Philofiction: ripercorrendo gli episodi della fortunata serie tv analizzerà il rapporto tra finzione giuridica e finzione cinematografica.

L’assunto di partenza è che il diritto inteso come fictio legis possieda la stessa capacità creativa della fiction, così come l’evoluzione giuridica si manifesta in perfetta continuità con l’evoluzione tecnologica. Il legame tra legge e tecnologia infatti non è rotto, ma invertito: la potenza visionaria della tecnologia provoca continuamente una risposta della legge, che cambia così come il mondo cambia.

Con Black Mirror scopriamo infatti le numerose implicazioni che l’evoluzione digitale e tecnologica potrebbe comportare nella nostra vita quotidiana e nella nostra società civile, dalle attualissime questioni legate al diritto alla privacy alle esposizioni mediatiche del processo penale. Proprio la facilità di riconoscersi negli scenari che la finzione crea rende probabilmente questa serie tv così amata e il diritto così necessario.

«Se la tecnologia sarà visionaria anche la legge lo sarà», dice Ariemma, che anticipando i temi che saranno al centro del suo intervento questo week end tiene fede alla regola fondamentale di ogni serie tv: no spoiler!