La Polonia volta pagina e si riavvicina all’Europa. Con un record di affluenza alle urne ( 72,9%) gli elettori hanno sconfessato il governo ultraconservatore di Jaroslaw Kaczynski al potere da otto anni. Se il Pis rimane il primo partito con il 37% ha perduto irrimediabilmente la maggioranza parlamentare ora nelle mani della coalizione europeista guidata dalla formazione dell’ex premier Donald Tusk (30%) e dai centristi di Terza Via (14%) che potrebbe contare anche sul sostegno di Nuova Sinistra (8%).

«Questo periodo cupo è finito, il regno populista di Diritto e Giustizia è finito. La Polonia ha vinto, la democrazia ha vinto» ha esultato Tusk davanti ai suoi sostenitori. Anche se il presidente polacco Andrzej Duda potrebbe comunque affidare l'incarico esplorativo al Pis per rispettare i protocolli istituzionali, l’unica maggioranza possibile alla camera bassa è quella del blocco progressista. Che senza dubbio farà rientrare la Polonia nel perimetro delle politiche comunitarie dopo anni di conflitti durissimi tra Varsavia e Bruxelles.

Dagli attacchi alalo stato di diritto e alla separazione dei poteri sui temi della giustizia alle restrizioni del diritto all’aborto, fino alla questione delle importazioni di grano dall’Ucraina, tutte questioni che nelle passate stagioni hanno determinato un clima teso e di sfiducia reciproca con le istituzioni di Bruxelles, al punto da determinare il congelamento dell’erogazione di fondi comunitari.

La campagna elettorale aggressiva di Kaczyski, che ha accusato gli avversari di rappresentare una minaccia esistenziale per la nazione in combutta con Berlino e Bruxelles, non è stata sufficiente a contrastare gli argomenti di Tusk e alleati, secondo i quali un terzo mandato a Diritto e Giustizia avrebbe allontanato la Polonia dalla democrazia liberale, consolidando il controllo del partito al governo sul sistema giudiziario, sui media e sulle aziende di Stato, avvicinando la Polonia alle posizioni della democrazia illiberale rappresentata dell’Ungheria di Viktor Orban, con la quale non a caso in molti casi Varsavia è stata unita nel contrasto a Bruxelles.

Certamente non brinda alla vittoria del campo europeista la Russia di Vladimir Putin. La Federazione Russa avrà da ora un avversario in più nel blocco dei paesi dell’est Europa con l’inevitabile riallineamento dii Varsavia anche su una linea atlantista in politica estera. D’altra parte, a non nascondere l’ottimismo è la stessa Ucraina di Zelensky, anche alla luce dello scarso risultato di Confederazione partito di estrema destra su posizioni apertamente filorusse, che ha fatto campagna elettorale con un messaggio antiucraino, oltre che antieuropeo e che si è arenata a un misero 7%. Le autorità di Kiev sperano che le tre forze di opposizione polacca, saldamente filoucraine, possano cambiare in meglio le relazioni bilaterali.

Il nome di Tusk, inoltre, ispira una significativa fiducia nei circoli europei. È stato presidente del Consiglio europeo tra 2014 e 2019 e anche presidente del Partito popolare europeo tra il 2019 e il 2022. Un governo polacco a guida Tusk con ogni probabilità sopirebbe una volta per tutte i timori di una «Polexit», lavorando per smantellare le riforme della giustizia promosse da PiS e che sono state motivo di attrito con l’Unione europea, stante la minaccia che hanno rappresentato per la salvaguardia dello Stato di diritto nel Paese..