Anche dalla Mongolia papa Francesco lancia i suoi appelli al mondo intero. Su tutti la fine dei conflitti: «Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli», ha detto

nel corso dell’incontro Ecumenico e Interreligiosoallo Hun Theatre. «Le tradizioni religiose, nella loro originalità e diversità, rappresentano un formidabile potenziale di bene a servizio della società», ha affermato. «L’altruismo costruisce armonia e dove c’è armonia c’è intesa, prosperità, bellezza. Anzi, armonia è forse il sinonimo più appropriato di bellezza. Al contrario, la chiusura, l’imposizione unilaterale, il fondamentalismo e la forzatura ideologica rovinano la fraternità, alimentano tensioni e compromettono la pace». Ribadendo che «le religioni sono chiamate a offrire al mondo questa armonia, che il progresso tecnico da solo non può dare, perché, mirando alla dimensione terrena, orizzontale dell’uomo, rischia di dimenticare il cielo per il quale siamo fatti. Fratelli e sorelle, oggi siamo qui insieme come umili eredi di antiche scuole di sapienza. Incontrandoci, ci impegniamo a condividere il tanto bene che abbiamo ricevuto, per arricchire un’umanità che nel suo cammino è spesso disorientata da miopi ricerche di profitto e benessere. Si confonde progresso e regresso come mostrando conflitti e persecuzioni».

Papa Francesco, poi nella sua omelia nel corso della Santa Messa nella Steppe Arena davanti a duemila fedeli, ha detto: «Tutti siamo “nomadi di Dio”, pellegrini alla ricerca della felicità, viandanti assetati d’amore. Il deserto evocato dal salmista si riferisce, dunque, alla nostra vita: siamo noi quella terra arida che ha sete di un’acqua limpida, un’acqua che disseta in profondità  è il nostro cuore che desidera scoprire il segreto della vera gioia, quella che anche in mezzo alle aridità esistenziali, può accompagnarci e sostenerci. Sì, ci portiamo dentro una sete inestinguibile di felicità; siamo alla ricerca di un significato e una direzione della nostra vita, di una motivazione per le attività che portiamo avanti ogni giorno; e soprattutto siamo assetati di amore, perché è solo l’amore che ci appaga davvero, che ci fa stare bene, che ci apre alla fiducia facendoci gustare la bellezza della vita». «Cari fratelli e sorelle, la fede cristiana risponde a questa sete; la prende sul serio; non la rimuove, non cerca di placarla con palliativi o surrogati. Perché in questa sete c’è il nostro grande mistero: essa ci apre al Dio vivente, al Dio Amore che ci viene incontro per farci figli suoi e fratelli e sorelle tra di noi».

Papa Francesco dalla Mongolia, ha voluto salutare il «nobile popolo cinese» e al termine della celebrazione eucaristica alla Steppe Arena, a Ulan Bator, Bergoglio ha chiama sull’altare accanto a sè il vescovo emerito di Hong Kong e l’attuale, e invia «un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini» .

Il cardinale Giorgio Marengo, nell’indirizzo di saluto al Papa al termine della messa, ha detto: «Ora che abbiamo toccato con mano quanto Le sia caro questo popolo di Dio in Mongolia, desideriamo accogliere il Suo invito ad essere testimoni gioiosi e coraggiosi del Vangelo in questa terra benedetta. Continui a sostenerci con la parola e l’esempio».