«Il nostro è un giudizio tecnico. Non abbiamo alcuna intenzione di sostituirci al legislatore», dichiara al Dubbio la consigliera Paola Maria Braggion, relatrice, unitamente al collega togato Michele Giambellini, del parere con cui la Sesta commissione del Csm ha bocciato il ddl “spazzacorrotti”. Il testo era stato trasmesso a Palazzo dei Marescialli dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede lo scorso 10 ottobre in concomitanza con l’inizio delle votazioni in Aula. I pareri del Consiglio superiore della magistratura, come noto, non sono vincolanti per il Governo. Difficile, però, data l’autorevolezza della fonte, non tenerne conto. Soprattutto nel caso, come questo, di una approvazione avvenuta all’unanimità dei componenti della Sesta commissione. Anche quindi da parte di Alberto Maria Benedetti, il professore di diritto privato dell’Università di Genova, eletto al Csm in quota M5s, che Bonafede avrebbe voluto come vice presidente al posto del dem David Ermini.

«Prima di esaminare il testo del disegno di legge - prosegue Paola Maria Braggion, togata di Magistratura indipendente - abbiamo voluto ripercorrere brevemente le caratteristiche che l’istituto della prescrizione ha assunto nell’ordinamento». I consiglieri del Csm sono quindi partiti dall’iniziale disposizione del codice Rocco del 1930, per poi analizzare le varie modifiche che le norme sulla prescrizione del reato hanno subito negli anni. Dalla legge ex Cirielli, alla recente riforma effettuata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando nella scorsa legislatura. «Oltre a ciò abbiamo effettuato anche una comparazione dell’istituto della prescrizione negli altri ordinamenti comunitari», prosegue il consigliere di Magistratura indipendente.

L’analisi, effettuata con il supporto dell’Uffici studi del Csm, spazza il campo su molte delle “fake news” che sono state divulgate in questi anni sulla prescrizione. In particolare che questo istituto esisterebbe solo in Italia. E’ invece esattamente il contrario. In Francia, ad esempio, le norme sulla prescrizioni sono simili. Il termine di prescrizione decorre dalla data di commissione del fatto. Maturato il termine massimo previsto dalla legge si estingue l’azione pubblica. Per alcuni reati, come nel caso di quelli commessi a mezzo stampa, la prescrizione è rapidissima: solo 3 mesi.

In Germania la prescrizione è regolata dal codice penale, che distingue tra prescrizione della perseguibilità, corrispondente alla pre- scrizione del reato italiana, e prescrizione della esecuzione, equivalente alla prescrizione della pena. L’ordinamento del Regno Unito non prevede l’estinzione del reato per prescrizione. Sono previsti dei limiti temporali entro i quali possono essere perseguiti i reati; essi rispondono all’esigenza processuale di assicurare, entro un termine ragionevole, l’acquisizione di prove genuine e di garantire all’accusato un “giusto processo” che si svolga in un lasso di tempo circoscritto rispetto ai fatti che l’hanno determinato. Lo studio elaborato dal Ministero della giustizia, prima della riforma cd. Orlando, aveva evidenziato come la maggiore incidenza delle prescrizioni si verificasse annualmente durante la fase delle indagini preliminari. Nel 2014 sono stati definiti per prescrizione circa 132.000 procedimenti penali, di cui ben 80.000 riferibili alla prescrizione maturata durante la fase delle indagini preliminari. «Le modifiche introdotte nel ddl “spazzacorrotti” non sembrano idonee ad incidere sul funzionamento del processo penale, accelerandone la conclusione, non contenendo alcuna previsione al riguardo», prosegue la relatrice del parere.

L’eventuale allungamento della durata dei processi, per il Csm, avrebbe come conseguenza quella di compromettere il principio stabilito dell’articolo 111 della Costituzione e darebbe luogo ad una potenziale lesione del diritto di difesa dell’imputato garantito dall’art. 24 Cost. Per il solo anno 2017, i procedimenti potenzialmente a “rischio Legge Pinto” sono stati individuati dal Ministero della giustizia in 224.602 per il primo grado e in 110.450 per il grado di appello. Anche sotto questo profilo, pertanto, l’eventuale allungamento dei processi conseguente alla modifica legislativa rischierebbe di acuire una problematica già economicamente significativa per lo Stato italiano.

«La riforma della prescrizione dovrebbe essere accompagnata da un intervento normativo più ampio che incida sulle cause strutturali dell’eccessiva durata dei procedimenti sul piano del diritto sostanziale, sul piano del diritto processuale e attraverso la dotazione di risorse adeguate, condizioni imprescindibili per un’effettiva attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo», conclude Paola Maria Braggion.