David Cameron si presenta al Parlamento inglese per chiarire la vicenda dei Panama Papers con il suo solito stile: quando messo all’angolo, il leader conservatore non incassa, ma attacca audacemente. Il Premier britannico sa perfettamente che la questione può rappresentare un vero e proprio tsunami politico per lui e il suo governo. Da un lato perché i Tories sono sempre più divisi in prospettiva del referendum sull’uscita dall’Unione Europea, con il sindaco uscente di Londra, leader della fazione pro-Brexit, Boris Johnson, intenzionato ormai a lanciare un’OPA sul governo e sulla leadership del partito conservatore. Dall’altro, perché lo scandalo di Panama rappresenta un’occasione perfetta per il partito laburista del vecchio leader socialista, Jeremy Corbyn, che della lotta alle diseguaglianze e ai privilegi dei ricchi ha fatto la sua bandiera.Al centro della controversia ci sarebbero gli investimenti fatti dal premier inglese, insieme alla moglie, in un fondo offshores (il Blairmore Investment Trust) gestito dal padre dello stesso Cameron. Altra questione spinosa sono due donazioni (di circa centomila sterline) che il Primo ministro inglese avrebbe ricevuto dalla madre dopo la morte del padre nel 2010.Già ieri il leader britannico era passato al contro-attacco pubblicando un rendiconto completo dell’entrate familiari dal 2009 al 2015, rivendicando di essere il primo premier britannico ad aver messo in piedi un’operazione trasparenza di tale portata. Oggi, nel suo discorso alla Camera dei Comuni, Cameron non si è sottratto alle accuse ribadendo non soltanto di non aver commesso nulla di illegale, ma che i fondi offshores sono utilizzati da milioni di cittadini britannici e che occorre «difendere il diritto di ogni cittadino britannico di fare soldi legalmente». Al centro della difesa politica del Premier c’è la necessità di distinguere tra tax evasion e tax avoidance, ovvero fra evasione ed elusione fiscale, o meglio fra fondi che incoraggiano il risparmio e gli investimenti e sistemi che evadono il fisco. Il tutto è inserito in una narrazione molto cara al suo elettorato di tradizione liberista: questo è il governo che più di tutti ha abbassato le tasse, mentre la sinistra laburista vuole tassare tutto e tutti. E’ evidente che la strategia di Cameron per uscire dall’impasse mira a riportare la questione dentro gli argini storici dello scontro politico (destra contro sinistra, laissez-faire economico contro il tax and spend socialdemocratico) per divincolarsi dalle possibili ripercussioni personali, anche perché finora i risvolti penali della vicenda sembrano alquanto deboli.Durante il confronto parlamentare, il Premier ha spiegato di aver liquidato le quote del fondo prima di diventare primo ministro in modo da evitare un possibile conflitto di interessi, ribadendo che il fondo in questione era sottoposto a tassazione annuale essendo un fondo commerciale e non familiare. Ha poi annunciato un’azione vigorosa contro l’evasione internazionale e l’istituzione di una tax force per analizzare dettagliatamente la questione dei Panama Papers.Corbyn, dal canto suo, ha definito il discorso di Cameron «un capolavoro nell’arte della diversione». Il leader laburista prima accusa il Premier di cambiare discorso e di non aver chiarito i dubbi avanzati sulle sue finanze, poi denuncia come per i super-ricchi le regole non si applichino mai. Corbyn sa di toccare un tasto dolente: il Regno Unito è un paese che ha attraversato sei anni di dura austerity, severi tagli al welfare e alla spesa pubblica. Se è vero che il PIL cresce, anche le diseguaglianze sociali e la povertà aumentano a fronte di un’economa sempre più incentrata sulla finanza. Anche il ceto medio conservatore che pur ha votato in massa Cameron alle ultime elezioni, è sempre meno incline a tutelare i privilegi di pochi.