Si è tenuta ieri nel tribunale distrettuale Basmanny di Mosca l’udienza del processo in cui è imputata Marina Ovsyannikova. Il pubblico ministero ha chiesto per l’ex giornalista di Channel One la condanna a 9 anni e 5 mesi di carcere. La sentenza potrebbe arrivare già nella giornata di oggi. Considerati i casi simili, immaginare l’esito del processo non è difficile: la reporter dovrebbe essere condannata.

Ovsyannikova è accusata di aver screditato l’esercito russo. Il riferimento è al famigerato articolo 207.3 del codice penale, entrato in vigore subito dopo l’aggressione militare ai danni dell’Ucraina. Una norma liberticida, concepita per reprimere il dissenso. Non è un caso che sotto i colpi dell’articolo 207.3 siano finiti altri dissidenti illustri. Tra questi i giornalisti Vladimir Kara- Murza e Ilya Yashin, senza dimenticare l’avvocato e deputato municipale Aleksey Gorinov.

I fatti contestati ad Ovsyannikova risalgono all’estate del 2022. Il 15 luglio di un anno fa l’ex volto noto di Channel One mostrò nelle vicinanze del Cremlino un cartello con la scritta “Putin è un assassino. I suoi soldati sono fascisti”. Per questo fatto venne mandata agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico. Nell’udienza di ieri non sono mancate le anomalie. Alcuni post della giornalista, pubblicati sui canali social, sono stati acquisiti come prove. Inoltre, sono state lette dall’accusa le dichiarazioni di due persone considerate vicine al ministero dell’Interno. I testimoni hanno denunciato l’azione di protesta vicino al Cremlino di un anno fa, inviando foto e documenti all’autorità giudiziaria e confermato di aver fatto determinate dichiarazioni su sollecitazione della polizia.

Ieri sono stati ascoltati anche l’ex marito della giornalista, Igor Ovsyannikov, e la madre di Marina. Il primo ha riferito che Ovsyannikova ha cercato di influenzare il figlio, dopo essere fuggita in Francia, per allontanarlo dal padre. La madre di Marina, Aliya Tkachuk, non ha risparmiato parole dure. Il canale Sota Vision ha riportato questa dichiarazione: «Mi vergogno delle azioni di mia figlia. Guardo spesso le notizie da fonti ufficiali e so che le forze armate russe non uccidono i civili» . La giornalista è difesa dall’avvocato Vladimir Peleshukov, che ha chiesto l’assoluzione. Il precedente difensore, Dmitry Zakhvatov, ha lasciato la Russia da diversi mesi. Marina si è limitata a commentare la richiesta del pubblico ministero con poche parole: «Siamo di fronte ad una “giustizia” delle marionette».

Nell’ottobre del 2022 Ovsyannikova è riuscita a scappare da Mosca con la figlia undicenne. Il ministero dell’Interno russo l’ha inserita nella lista dei ricercati. Ora Ovsyannikova vive in Francia. Spesso si sposta in Europa per parlare della propria esperienza di dissidente. A maggio ha partecipato ad un dibattito organizzato dal Dubbio durante il Salone internazionale del libro di Torino. Il 10 settembre scorso è stata ospite di Monica Maggioni nella prima puntata della nuova serie del programma “In ½ ora”, in onda su Raitre. Marina è anche autrice del libro “No war”. Il titolo prende spunto dal cartello esposto nel marzo 2022, durante la diretta del telegiornale serale di Channel One.

Sul futuro della Russia si è discusso qualche giorno fa a Parigi, nel corso del Forum dell’opposizione russa. Mariana Katzarova, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Russia, ha detto che «non tutti i russi sono responsabili di questa guerra» e che «gli uomini che si rifiutano di combattere e fuggire dalla Russia hanno bisogno della protezione della comunità mondiale». Sono circa 600 i prigionieri politici schieratisi contro la guerra e la politica di Putin.

La manifestazione nella capitale francese si è aperta con le parole del dissidente Ilya Yashin, condannato a otto anni di carcere. «Purtroppo – ha scritto Yashin in una lettera inviata a Parigi - non ho l’opportunità di rivolgermi partecipando personalmente al forum, dato che sono in carcere dall’estate scorsa per aver parlato pubblicamente contro l’invasione delle truppe di Putin in Ucraina. Le autorità hanno deciso di mettermi a tacere e mi hanno condannato a otto anni e mezzo di prigione, ma non rimarrò in silenzio. Voglio che la mia voce, la voce di un patriota russo che si oppone alla guerra e alla dittatura, sia ascoltata. Per me è molto importante poter parlare onestamente con i miei connazionali anche se mi trovo dietro le sbarre. Comprendo perfettamente l'importanza del dialogo con il mondo, quindi sono grato agli organizzatori del forum per l'opportunità di esprimere il mio pensiero».