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Associated Press/LaPresse
Occhi gonfi di lacrime di gioia, grida di giubilo, anni di ansie, tensioni e paure sciolti da un abbraccio. Sono queste alcune delle scene a cui si è assistito sia in Israele che in Cisgiordania, dove ostaggi e detenuti sono stati riuniti ai loro cari.
Gli ostaggi israeliani sono stati liberati questa mattina dopo 783 giorni di prigionia. Le operazioni di rilascio sono avvenute con il supporto della Croce Rossa, che ha preso in custodia gli ostaggi da Hamas prima di affidarli alle Idf, e si è svolta in due tranches: la prima alle 7 del mattino nella zona del corridoio d Netzarim, che divide in due la Striscia da est a ovest; la seconda alle 9 a Khan Yunis, nel sud della striscia di Gaza. Contemporaneamente i 1.968 detenuti palestinesi sono usciti dalle carceri israeliane e sono saliti sui pullman che li hanno portati a Ramallah, dove sono stati accolti da un mare di folla tanto che i pullman hanno fatto fatica a farsi strada fino a destinazione.


È invece rimasto in carcere, come ci si aspettava, Marwan Barghouthi. Non c’è stata solo gioia però a Ramallah. Un funzionario egiziano ha infatti riferito in forma anonima all’Associated Press che su 154 «prigionieri di sicurezza» palestinesi liberati Israele ha imposto, senza darne notizia alle famiglie, la deportazione. Questi sono quindi stati portati in Egitto, al valico di Rafah con la Striscia di Gaza per essere inviati in Paesi terzi.
Le immagini di hanno riportato alla mente quelle del 18 ottobre 2011, quando venne liberato il caporale delle Idf Gilad Shalit, catturato 5 anni prima dai miliziani di Hamas nel corso di un combattimento al confine della Striscia. Per ottenere il suo rilascio vi fu una mediazione coordinata da Germania, Turchia, Qatar e Egitto, al termine della quale Israele liberò 1.027 palestinesi, tra cui Yayha Sinwar, vertice di Hamas e mente del pogrom del 7 ottobre, per ottenere il rilascio di Shalit.
Per celebrare l’occasione Trump si è recato nello Stato Ebraico, una visita veloce prima di fare rotta alla volta di Sharm el Sheikh per partecipare al summit sulla pace. L’Air Force One su cui viaggiava il presidente degli Stati Uniti ha fatto un passaggio a bassa quota sulla capitale israeliana per permettergli di vedere la scritta, preparata dai parenti degli ostaggi sulla spiaggia di Tel Aviv, con cui lo hanno voluto ringraziare e accogliere per il suo impegno a delineare un piano di pace e per aver riportato i loro cari a casa.
Atterrato all’aeroporto di Ben Gurion, Trump si è subito recato alla Knesset dove, in compagnia del premier israeliano Netanyahu, ha incontrato le famiglie degli ostaggi. Il presidente Usa è stato accolto da un’ovazione quando ha fatto il suo ingresso nella plenaria della Knesset. «Israele, con il nostro aiuto, ha vinto tutto ciò che poteva con la forza delle armi», ha detto galvanizzato Trump durante il suo lungo discorso (che è durato più di un’ora), «Ora è il momento di trasformare queste vittorie contro i terroristi sul campo di battaglia nel premio finale di pace e prosperità per l’intero Medio Oriente».
Trump ha elogiato anche il premier israeliano: «Netanyahu non è un uomo facile con cui avere a che fare, ma è questo che lo rende grande». E pur arrogandosi i meriti della tregua a Gaza, «un incredibile trionfo per Israele e per il mondo», ha espresso «profondo apprezzamento per tutte le nazioni del mondo arabo e musulmano che si sono unite per fare pressione su Hamas affinchè liberasse gli ostaggi e li rimandasse a casa». «Abbiamo risolto otto guerre in otto mesi. Ieri dicevamo sette, ma ora posso dire otto, gli ostaggi sono tornati», ha concluso Trump.
Pronto gli ha fatto eco Netanyahu. «Signor presidente, lei è impegnato per questa pace», ha dichiarato il premier israeliano, «Io sono impegnato per questa pace. E insieme, signor presidente, raggiungeremo questa pace. Lo abbiamo già fatto. Lo abbiamo già fatto con gli Accordi di Abramo e lo faremo di nuovo». Nonostante si sia visto imporre il piano e sia stato costretto da Trump a scusarsi con il Qatar per il raid su Doha, Netanyahu non ha perso l’occasione di lusingare il presidente Usa, che al termine della sua visita ha chiesto al presidente Herzog di accordare la grazia al premier israeliano. Dopo il suo discorso alla Knesset Trump è ripartito alle 12 (ora italiana) per raggiungere gli altri leader riuniti sul Mar Rosso.
Nonostante il clima di festa non sono mancate le polemiche. Come quelle montate sulla restituzione delle salme degli ostaggi morti mentre si trovavano nelle mani di Hamas. «La missione urgente nella quale siamo tutti impegnati è assicurare il ritorno di tutti gli ostaggi e di tutti i corpi a casa», ha scritto il ministro della difesa israeliano Israel Katz su X, «l’annuncio di Hamas sul ritorno di quattro corpi è un mancato rispetto degli impegni. Ogni ritardo o omissione deliberata saranno considerati una palese violazione dell’accordo e riceverà la risposta adeguata». Nel tardo pomeriggio la Croce Rossa ha preso in consegna i corpi di due dei quattro ostaggi indicati dal Movimento, e ha annunciato che le altre due salme sarebbero state recuperate in serata. «Hamas è chiamata a rispettare l’accordo e a fare gli sforzi necessari per restituire tutti i corpi», hanno avvertito le Idf.