La «tempesta emotiva» vissuta da Michele Castaldo non può concorrere alla concessione delle attenuanti generiche, come invece aveva deciso la Corte d’Assise d’appello a marzo scorso, che aveva ridotto la pena per l’omicidio di Olga Matei da 30 a 16 anni. È quanto ha stabilito ieri sera la Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, limitatamente al riconoscimento delle attenuanti generiche, rispedendo dunque gli atti ad una nuova sezione della Corte d’Assise per ristabilire la pena. I giudici della Suprema Corte hanno dunque accolto il ricorso della procura generale di Bologna, cassando, invece, la tesi del procuratore generale della Cassazione Ettore Pedicini, che ieri aveva sostenuto che «gli stati emotivi e passionali possono essere valutati dal giudice per la concessione delle attenuanti generiche e questa valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice del merito». La decisione dei giudici d’appello aveva tenuto conto di una perizia psichiatrica sull'imputato, che aveva rilevato una «soverchiante tempesta emotiva» causata dal vissuto dell'uomo. Ma per gli Ermellini, quella tesi non può essere accolta: gli stati passionali, come elemento della situazione psicologica dell'imputato, non possono concorrere assieme ad altri elementi alle concessione delle attenuanti generiche. Su questo punto, dunque, dovrà celebrarsi a Bologna un processo d'appello- bis nei confronti di Castaldo, detenuto nel carcere di Ferrara.

L’uomo aveva confessato di aver strangolato la donna, con la quale aveva iniziato una storia sentimentale, ed era stato condannato, in primo grado, all’ergastolo per omicidio aggravato dai motivi abietti e futili, pena ridotta a 30 anni per la scelta del rito abbreviato. Una sentenza della quale il pg Paolo Giovagnoli, davanti alla Corte di Assise di appello di Bologna, aveva chiesto conferma, scontrandosi, però, con la scelta dei giudici di ridurre la pena a 24 anni, diventati 16 per la scelta del rito, concedendo le attenuanti generiche. Una decisione alla quale i giudici erano giunti bilanciando aggravanti e attenuanti generiche, come si legge nelle motivazioni, sulle quali a marzo scorso si è alzato un coro unanime di polemica. E Pedicini, ieri, aveva chiesto di respingere il ricorso della procura generale di Bologna, ritenendolo «inammissibile» e «infondato». Il delitto era avvenuto a Riccione, il 5 ottobre 2016: Olga Matei, 46 anni, moldava trapiantata in Italia, è stata strangolata a mani nude da Castaldo, operaio cesenate di 54 anni, che frequentava da circa un mese. La donna, che viveva con una figlia piccola e lavorava come commessa in un negozio di ottica, aveva deciso di interrompere la relazione perché oppressa dalla gelosia del compagno, che la controllava ossessivamente. La sera dell’omicidio i due si erano incontrati per un ultimo, fatale, chiarimento. Dopo averla uccisa, Castaldo aveva tentato il suicidio con un cocktail di farmaci. Un gesto disperato, ripetuto anche in carcere a marzo 2019, nei giorni della sentenza di secondo grado.