L’antesignano fu Giulio Cesare, assassinato a colpi di pugnale durante le idi di marzo del 44 avanti Cristo davanti il palazzo della Curia da un gruppo di cospiratori. Poi un lungo elenco di nomi, re, imperatori, satrapi e tiranni, uccisi da oppositori, rivali e nemici e poi ancora dal “popolo sovrano” nel tumulto delle rivoluzioni; una violenza spesso foriera di improvvisi cambi di regime e di traumatiche rotture.

Ma nelle consolidate e moderne democrazie occidentali esiste una variante di omicidio o tentato omicidio politico che rimane a se stante, imprevedibile per sua stessa natura: il “lupo solitario”, la scheggia impazzita che non risponde ad alcuna logica, animata da un’ossessione in cui la politica fa solamente da sfondo alla follia.

Come per l’attentatore che ha colpito il premier slovacco Fico, un pensionato poeta ex guardia giurata, si tratta di personaggi indecifrabili, che vivono nell’ombra di un’esistenza anonima, che possono colpire in ogni momento, come gli elementi instabili di un sistema. Se un tempo la violenza politica era uno strumento legittimo e rivendicato dai suoi protagonisti, nei regimi democratici si è diluita nel corpo sociale, si è atomizzata, emergendo in squarci improvvisi abbattendosi su personaggi illustri e potenti.

Uno degli assassinii che ha destato più scalpore nella storia recente è quello del premier svedese Olof Palme punto di riferimento della socialdemocrazia europea, freddato con una 357 Magnum a 59 anni il 28 febbraio 1986 mentre rientrava in casa dal cinema assieme alla moglie. Dopo anni di indagini venne indicato come responsabile Stig Engstrom, un grafico che lavorava nella società di assicurazioni Skandia, a due passi dal luogo del delitto. Engstrom morì nel 2010 senza mai essere indagato e nel 2020 la magistratura svedese ha archiviato il caso che ancora oggi rimane un mistero che alimenta dietrologie e improbabili teorie del complotto. Sempre la Svezia, un paese in cui raramente le personalità politiche girano con la scorta, è stata teatro dell’omicidio della ministra degli Esteri Anna Lindh avvenuto il 10 settembre del 2003; Lindh è stata accoltellata in un supermercato di Stoccolma mentre stava facendo la spesa, il killer, Mijailo Mijailovic, un cittadino svedese di origine serba imbottito di psicofarmaci che anni dopo ammise di aver assassinato la ministra a causa del suo «odio per tutti i politici».

Molto simile alla sorte di Anna Lindh quella della deputata laburista britannica Jo Cox, uccisa il 16 giugno 2016 a Leeds a pochi giorni dal referendum sulla Brexit. Thomas Mair, un simpatizzante neonazista la avvicina alla fine di un comizio e le spare tre colpi di pistola, poi la trascina per strada e la finisce con un coltello al grido «La Gran Bretagna prima di tutto». Un omicidio «politicamente motivato» denunciò il partito laburista, ma Mair aveva agito da solo senza il supporto di alcun gruppo organizzato.

Di segno politico opposto ma ugualmente animato da malsano fanatismo, fu Volkert van der Graaf, giovane militante ambientalista di estrema sinistra che il 6 maggio 2002 assassinò il leader islamofobo olandese Pim Fortuyn con cinque colpi di pistola semi-automatica STAR Firestar M43. «Volevo proteggere la comunità musulmana!» dichiarò van der Graaf ai giudici che lo condannarono a 18 anni di prigione.

Senza dubbio squilibrato e fanatico era anche Yigal Amir l’assassino del premier israeliano Ytzak Rabin abbattuto con una Beretta Beretta 84F il 4 novembre 1995, membro di un gruppetto della destra religiosa, non sopportava l’idea di una pace con i palestinesi e il suo crimine fu gravido di conseguenze politiche per quanto sospinto dalla follia.