La paura del contagio bussa di nuovo alle porte del Tribunale di Roma. Palazzina B, città giudiziaria di piazzale Clodio: un avvocato, di età compresa tra i 50 e i 60 anni, accusa un malore improvviso e viene soccorso dal 118. L’uomo ha la febbre, risulta dai primi accertamenti. Il sospetto di positività al Coronavirus fa scattare subito il protocollo di sicurezza previsto dalle misure anti contagio e partono le operazioni di sanificazione degli ambienti, tra cui l’ascensore utilizzato dal legale e l’area esterna della prima Corte d’Assise dove avrebbe avuto il malore.

Nessuna conferma, per ora, che si tratti di un caso Covid, ma una cosa è certa: i fatti di ieri rimettono in stato d’allarme la giustizia capitolina. E riparte la caccia all’untore. Sì, perché tra il non detto e la polemica aperta - in qualche caso - c’è una voce che corre da mesi tra i corridoi dei tribunali italiani: gli avvocati vogliono lavorare per forza. «Non abbiamo alcun particolare piacere a frequentare le cancellerie e gli uffici giudiziari. Ne faremmo volentieri a meno se solo l’amministrazione avesse fornito la possibilità di eseguire tutti gli adempimenti da remoto come avviene da tempo negli altri Paesi civili», commenta il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, Antonino Galletti. «Ci sono dei meccanismi bizantini che comportano inutili perdite di tempo - prosegue - e in condizione di pandemia gravano sulla salute di tutti». Già a fine settembre a piazzale Clodio era scattato l’allarme per la vicenda dei due avvocati romani che si sarebbero recati in Tribunale nonostante l’esito positivo dei test, diffondendo il contagio tra il personale amministrativo. La posizione dei due penalisti, «per la responsabilità delle loro condotte», è stata segnalata alla procura di Roma per i necessari accertamenti. «Se i fatti saranno confermati, interverranno con immediatezza i nostri organi di disciplina interni», spiegava in quell’occasione Galletti, evidenziando però «il massimo impegno dell’avvocatura romana per garantire la prosecuzione delle attività giudiziarie». Il presidente del Coa di Roma parla a nome dei «ventiseimiladuecentocinquanta eroici avvocati romani iscritti all’Albo che ogni giorno, con coscienza, prudenza e senso di responsabilità, contribuiscono al funzionamento della malconcia giustizia capitolina». Per una sola ragione, precisa Galletti: «I diritti non vanno in quarantena, e gli avvocati garantiscono un servizio essenziale dello Stato, tutelando libertà e diritti dei cittadini». Ieri ad esempio, racconta il presidente, nel «Tribunale di Roma si distribuivano i numeretti, in totale 60 per l’esattezza, e alle 8 già trenta erano esauriti. Cioè, in un’epoca in cui i si fanno riunioni su internet e si predica il distanziamento, per recuperare la copia di una sentenza bisogna fisicamente mettersi in fila allo sportello, assembrarsi. Cos’è questa se non una gigantesca manifestazione di inadeguatezza?». «La pandemia è stata una grande tragedia nazionale, ovviamente non solo per la Giustizia - precisa. Nel nostro settore però, poteva essere anche una grande occasione. Che è stata completamente sprecata: parlo soprattutto di digitalizzazione, che non è stata minimamente implementata». Il rischio? Riportare la giustizia, in caso di nuovo lockdown, «alla situazione in cui ci trovammo a marzo». «A suo tempo - spiega ancora Galletti - avevamo chiesto anche con una manifestazione pubblica al ministero di effettuare una sorta di crash test dei sistemi per prepararci a una seconda ondata. Naturalmente non è stato fatto».

Ma non solo, per quanto riguarda le misure di sicurezza per l’accesso ai Tribunali, i controlli della temperatura con i termoscanner a piazzale Clodio sono stati introdotti soltanto il 5 ottobre scorso. «Nonostante l’impegno dei capi degli uffici giudiziari romani con i quali sono in corso interlocuzioni costanti urgono interventi seri e strutturali sul sistema che rischia così la paralisi», sottolinea il presidente dell’Ordine che ieri ha diramato un Vademecum con le istruzioni per agevolare gli accessi e raccomandare la via telematica. In attesa di tempi migliori, nella giornata di ieri il Coa porta a casa almeno una vittoria importante: con un provvedimento firmato dal Presidente, il Tribunale di Roma e le cancellerie «hanno finalmente deciso, dopo tante richieste, di inviare con una settimana di anticipo i ruoli di udienza nel settore penale». Questo significa che l’Ordine potrà fornire ausilio agli iscritti pubblicando sul proprio sito le informazioni in anticipo, evitando che gli avvocati si rechino inutilmente in tribunale.