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Il governo argentino ha avviato un’operazione trasparenza per consentire non solo agli storici ma a tutti i cittadini di conoscere alcune delle pagine più tristi della storia con al centro diversi gerarchi nazisti e collaboratori del Terzo Reich. Una miniera di informazioni, contenuta nell’Archivio generale del governo di Buenos Aires, potrà consentire anche ai più giovani di conoscere quanto accaduto più di ottant’anni fa.
Molte storie dei “volenterosi carnefici di Hitler” – mutuiamo il titolo di un fortunato libro di Daniel Goldhagen – possono essere consultate online grazie ad un meticoloso lavoro di restauro, digitalizzazione e archiviazione di documenti (rapporti di intelligence, informative della polizia, articoli di giornali, atti giudiziari) a distanza di tempo declassificati. «L’Argentina - ha affermato il capo di Gabinetto del governo, Guillermo Francos - non ha motivo di continuare a nascondere queste informazioni».
L’apertura degli archivi, contenente 1.850 pagine raccolte in 70 fascicoli, viene considerata un gesto di apertura da parte del presidente argentino Javier Milei, che, come fatto negli Stati Uniti da Trump per quanto riguarda la diffusione di notizie sui conti correnti appartenuti a diversi nazisti, intende rafforzare la collaborazione con lo Stato d’Israele. La mossa di Milei è stata ispirata non solo da motivi politici, ma anche personali: il presidente argentino si è avvicinato alla religione ebraica.
Una parte dell’archivio è stata donata in copia al Centro Simon Wiesenthal, istituzione che da tempo indaga pure sui legami tra Credit Suisse e il nazismo. Il Reich riuscì nella sua opera di morte e distruzione a contare su una rete di complicità ad altissimo livello. Prima della digitalizzazione, l’archivio sui nazisti in Argentina poteva essere consultato solo di persona, in una sala speciale dell’Archivio generale del governo istituito con un decreto presidenziale del 1992. Ci sono voluti oltre trent’anni prima di cancellare, per le “ragioni di Stato”, il segreto sulla documentazione riguardante i criminali del Terzo Reich con la possibilità di consultare le carte online e scaricarle.
Oltre al materiale sulla presenza di numerosi nazisti in Argentina, l’Archivio generale del governo ha reso disponibili circa 1.300 decreti presidenziali segreti e classificati che vanno dal 1957 al 2005. Gli armadi ormai aperti consentono di conoscere una serie di operazioni che hanno contraddistinto la storia politica del Paese sudamericano, come la vendita di armi, le modifiche al bilancio, l’organizzazione dei servizi segreti e le strategie per combattere il comunismo negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. «In questo modo – scrive il quotidiano Ámbito Financiero -, il governo argentino promuove il libero accesso a preziose informazioni, favorendo la trasparenza e la ricerca storica a livello nazionale e internazionale».
Nella pagina internet dell’Archivio generale spiccano i documenti riguardanti il medico Josep Mengele, Adolf Eichmann e Martin Bormann (portavoce del Fuhrer, soprannominato il “mastino di Hitler”). Il fascicolo su Josep Mengele – si faceva chiamare José Mengele – ricostruisce il viaggio e la permanenza in Argentina del medico nazista, contiene altresì informazioni su precedenti penali e rapporti delle forze di sicurezza. Alla fine del 1956 l’«Angelo della morte» richiese una nuova carta d’identità «per correggere il nome e il cognome» e l’anno successivo fece richiesta di un certificato di condotta per viaggiare in Cile. Due anni dopo, «richiese un certificato per recarsi nella Germania Ovest».
Un articolo del Jerusalem Post del 22 novembre 1959, intitolato “Il mostro di Auschwitz scoperto in una tana in Argentina”, descrive le azioni malefiche del “dottor morte”: «I crimini di cui Mengele è accusato includono la selezione di prigionieri ebrei nel campo di concentramento per effettuare esperimenti medici e poi mandarli a morire nelle camere a gas. Il secondo gruppo di crimini riguarda l’uccisione di prigionieri ebrei mediante iniezioni di fenolo; il gettare neonati nel fuoco in presenza delle loro madri; l’omicidio di una ragazza di 14 anni con un coltello».
Le cartelle su Adolf Eichmann, l’«architetto» della Soluzione finale, e Martin Bormann contengono alcuni report dei servizi di intelligence e articoli di giornali che cercarono di far luce sulla rete di complicità che permise ai due criminali nazisti di nascondersi dopo la Seconda guerra mondiale. Eichmann venne arrestato dal Mossad in Argentina nel 1960, dove visse sotto il nome di Ricardo Klement (raggiunse il Sudamerica con un passaporto umanitario della Croce rossa internazionale). Trasferito in Israele con un’operazione segreta venne processato nel 1961 a Gerusalemme e condannato a morte per 15 capi d’accusa, compresi crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Il processo Eichmann fu uno dei primi ad essere trasmesso in televisione ed ebbe un impatto significativo sulla consapevolezza a livello internazionale della tragedia dell’Olocausto.
Martin Bormann non mise mai piede in Sudamerica. La sua presunta presenza nel continente è stata avvolta dal mistero. I due fascicoli sul segretario del fuhrer contengono un documento di intelligence che indica il suo arrivo in Argentina nel 1948 e ritagli di giornale che parlano della sua presenza in Bolivia e Paraguay. I resti di Bormann furono però ritrovati a Berlino nel 1972.