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Associated Press/LaPresse
L’appuntamento è fissato. Domani alle 21:30 (ora italiana) Trump e Putin siederanno l’uno di fronte all’altro, alla presenza dei soli interpreti, nella base militare di Elmendorf-Richards ad Anchorage in Alaska. A seguito del colloquio i due presidenti dovrebbero tenere una conferenza stampa congiunta, secondo quanto riportato dal Cremlino.
«Farò una conferenza stampa. Non so se sarà congiunta», ha dichiarato però Trump, «non ne abbiamo ancora parlato. Sarebbe bello avere una conferenza congiunta e un’altra separati», specificando che «se va male, parlerò in conferenza per dire che la guerra prosegue e queste persone continueranno ad attaccarsi e a uccidersi orribilmente. Sarebbe una disgrazia».
Trump ha chiarito che il suo obiettivo sarà ottenere da Putin un cessate il fuoco, che possa portare all’organizzazione del trilaterale con Zelensky. «Il secondo incontro sarà molto, molto importante perché sarà un incontro in cui raggiungeranno un accordo», ha detto Trump, «Non voglio usare il termine “spartirsi” le cose, ma in un certo senso non è un termine sbagliato. Ci sarà un dare e avere per quanto riguarda i confini, i territori». Il presidente Usa si è mostrato più prudente e nonostante ostenti fiducia sui risultati ha dichiarato che «c’è il 25% di possibilità che questo incontro non abbia successo».
Il tema principale in agenda, come comunicato dal consigliere del capo di Stato russo, Yuri Ushakov, «sarà la risoluzione della crisi ucraina, tenendo conto anche della discussione tenutasi al Cremlino il 6 agosto con la partecipazione dell’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti, Steve Witkoff». «Naturalmente», ha proseguito Ushakov, «saranno toccati anche obiettivi più ampi per garantire la pace e la sicurezza, nonché questioni internazionali e regionali attuali e più urgenti», ha osservato il consigliere. «È previsto uno scambio di opinioni sull’ulteriore sviluppo della cooperazione bilaterale, anche in ambito commerciale ed economico questa cooperazione ha un enorme potenziale che, purtroppo, non è ancora stato sfruttato».
Ushakov è poi tornato a criticare i Paesi europei: «Stiamo lavorando sulla base della buona volontà politica dimostrata dai presidenti dei due Paesi», ha dichiarato il consigliere, «questo tipo di volontà politica reciproca è attualmente carente e vediamo che è improbabile ricevere una risposta adeguata, ad esempio, dagli europei». Tra i membri della delegazione russa vi saranno anche il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, il ministro della Difesa, Andrei Belousov, il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, e il rappresentante speciale del presidente per gli investimenti e la cooperazione economica con l’estero, Kirill Dmitriev.
Putin ha incontrato i massimi vertici della Federazione, nonché rappresentanti del governo e dell’amministrazione presidenziale in preparazione all’incontro con il presidente degli Usa. All’inizio dell’incontro al Cremlino Putin ha detto che gli Stati Uniti «stanno, a mio avviso, compiendo sforzi molto efficaci e sinceri per porre fine alle azioni militari e alla crisi» in Ucraina. Putin ha poi aperto alla possibilità, che le prossime consultazioni con gli Stati Uniti possano portare al raggiungimento di un nuovo accordo di controllo degli armamenti. Secondo l’inquilino del Cremlino un accordo sull’Ucraina potrebbe creare condizioni di pace a lungo termine nel paese, in Europa «ma anche nel mondo intero, se nelle successive fasi raggiungeremo accordi nel campo del controllo delle armi strategiche offensive».
Il riferimento fatto da Putin è allo Start, accordo firmato nel 1991 da Usa e Russia per la riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive. Il trattato originale, noto come Start I, fu firmato nel 1991. Successivamente, sono stati siglati altri accordi: lo Start II, nel 1993, e il New Start, firmato nel 2010 ed ultimo accordo in vigore, prorogato fino al 2026. La Russia ne ha sospeso la partecipazione nel 2023. L’eventuale ripresa di colloqui che portino all’adozione di un nuovo accordo Start, insieme alla risoluzione del conflitto ucraino, potrebbero rappresentare per Trump un altro importante gradino verso l’agognato Nobel per la pace, per il quale ha già ricevuto la candidatura formale di Pakistan, Israele e Cambogia.