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La Corte penale internazionale ha compiuto un nuovo passo avanti nelle indagini sui crimini commessi in Libia negli ultimi quindici anni, consolidando 1.512 elementi di prova raccolti tra maggio e novembre 2025. È quanto emerge dal trentesimo rapporto del procuratore Karim Khan al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, documento che definisce “sostanziali” i progressi investigativi compiuti nell’ultimo semestre.
Oltre 25 missioni e migliaia di elementi probatori
Nel periodo esaminato, il team dell’ufficio del procuratore ha condotto più di 25 missioni sul campo, acquisendo video, audio, immagini satellitari, dati forensi e oltre 25 testimonianze dirette. Materiale che confluisce nelle quattro linee d’indagine ancora operative: le violenze contro i manifestanti nel 2011; i crimini nei centri di detenzione; le violazioni legate ai conflitti del 2014-2020; i crimini contro migranti e richiedenti asilo. Una parte significativa delle informazioni continua ad arrivare tramite OTPLink, la piattaforma pubblica messa a disposizione delle vittime e delle organizzazioni civili.
Il dossier 2011 e il mandato pendente contro Saif al-Islam Gheddafi
Khan riferisce di aver consolidato “informazioni affidabili e su ampia scala” sugli attacchi del 2011 contro manifestanti e oppositori del regime. In questo filone sono stati emessi quattro mandati di arresto, ma uno solo è tuttora attivo: quello nei confronti di Saif al-Islam Gheddafi, figlio dell’ex leader libico.
La fase investigativa è formalmente conclusa, ma resta aperta quella di esecuzione dei mandati. La Cpi richiama ancora una volta le autorità libiche agli obblighi previsti dallo Statuto di Roma e dalla risoluzione ONU 1970.
Richieste di cooperazione e supporto alle autorità libiche
Solo nell’ultimo semestre la procura ha inviato 21 richieste ufficiali di assistenza giudiziaria a dieci Paesi. Obiettivi: identificazione dei sospetti, collegamenti finanziari, analisi dei responsabili militari e civili coinvolti nei crimini. Parallelamente, la Cpi ha fornito supporto tecnico a tre autorità nazionali libiche impegnate nelle indagini interne sui fatti del 2011, in un’ottica di rafforzamento della cooperazione e della complementarità tra sistemi di giustizia.
Crimini dei conflitti 2014-2020 e abusi contro i migranti
Il rapporto dedica un’attenzione particolare ai crimini legati agli scontri del periodo 2014-2020 — dall’assedio di Tripoli alle operazioni dell’Esercito nazionale libico di Khalifa Haftar — segnalando “progressi significativi” nella mappatura delle responsabilità dei comandanti. Sul fronte dei migranti, la Cpi documenta “schemi consolidati di abusi”: detenzione arbitraria, tortura, tratta, estorsione, violenze sessuali. Pratiche diffuse sia in strutture ufficiali sia in centri gestiti da milizie o gruppi criminali, considerate una priorità strategica dell’azione investigativa.
Tarhuna e le prove dei siti di sepoltura clandestini
Tra le attività recenti spiccano le verifiche a Tarhuna, teatro delle violenze attribuite alle milizie Al Kani/Kanyat. Le squadre della Cpi hanno esaminato siti di sepoltura clandestini, raccogliendo prove forensi, dati geospaziali e testimonianze dei familiari delle vittime. In chiusura, Khan ribadisce che la strategia della Corte mira a garantire un’azione giudiziaria “efficace e tempestiva”, con un coordinamento più stretto tra Stati membri e istituzioni libiche. Il procuratore invita infine i Paesi firmatari dello Statuto di Roma a collaborare pienamente, soprattutto per l’esecuzione dei mandati di arresto ancora pendenti, condizione essenziale per assicurare alla giustizia i responsabili delle violenze.


