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Israeli Finance Minister Bezalel Smotrich holds a map that shows the E1 settlement project during a press conference near the settlement of Maale Adumim, in the Israeli-occupied West Bank, Wednesday, Aug. 14, 2025. (AP Photo/Ohad Zwigenberg) Associated Press / LaPresse Only italy and spain
L’approvazione da parte del capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi del piano di occupazione militare di Gaza ha offerto nuovo slancio all’ultradestra al governo.
A qualche ora dall’annuncio, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha rilanciato uno dei progetti più controversi della politica di insediamenti: la riattivazione del piano E1. «Così seppelliamo l’idea di uno Stato palestinese», ha dichiarato, annunciando la costruzione di 3.401 nuove abitazioni per coloni israeliani. L’obiettivo è connettere la grande colonia di Maale Adumim, in Cisgiordania, a Gerusalemme Est, creando un continuum urbano che isolerebbe del tutto la parte orientale della città dal resto della Cisgiordania.
Smotrich ha invitato il primo ministro Benjamin Netanyahu a «applicare la sovranità israeliana in Giudea e Samaria» e a «far sì che, entro settembre, i leader europei non abbiano più nulla da riconoscere». In un comunicato dal titolo inequivocabile – “Seppellire l’idea di uno Stato palestinese” – il suo portavoce ha ribadito che la risposta alle ipotesi di riconoscimento internazionale di uno Stato palestinese sarà data “sul terreno”, con case, quartieri, strade e famiglie ebraiche.
L’area E1, al centro del progetto, è una fascia di circa 12 chilometri quadrati situata a est di Gerusalemme e a ovest di Maale Adumim. Da decenni Israele punta a urbanizzarla per consolidare il controllo sull’asse che collega la capitale alla valle del Giordano. Ma per la comunità internazionale si tratta di una zona strategica per la contiguità territoriale di un futuro Stato palestinese: se costruita, taglierebbe in due la Cisgiordania, rendendo logisticamente impraticabile un’entità politica palestinese sovrana e continua.
Il piano E1 non è nuovo. Fu messo sul tavolo negli anni Novanta dal primo ministro Yitzhak Rabin, poi congelato più volte sotto pressioni internazionali, fino alla sospensione del 2012 dopo le obiezioni degli Stati Uniti di Obama e dell’Unione Europea. La ripresa dell’iniziativa segna una brutale fuga in avanti: secondo organizzazioni israeliane contrarie alla colonizzazione, come Peace Now, «l’espansione dei settlers in Cisgiordania si sta avvicinando al punto di non ritorno».
Attualmente circa 700mila coloni israeliani vivono all’interno di un territorio che conta 2,7 milioni di palestinesi compreso tra la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Israele ha annesso quest’ultima nel 1967 dopo la vittoriosa guerra dei sei giorni, una mossa non riconosciuta dalla gran parte della comunità internazionale, e non ha mai formalmente esteso la propria sovranità alla Cisgiordania, che definisce «territorio conteso» e non «occupato». La maggioranza dei Paesi (Stati Uniti esclusi) e le risoluzioni delle Nazioni Unite, al contrario, considerano tutte le colonie illegali ai sensi del diritto internazionale e ritengono che la loro espansione mini irreversibilmente la possibilità di pace.
Secondo fonti vicine al governo, il progetto dovrà comunque passare per l’approvazione del Consiglio superiore di pianificazione israeliano. Se l’iter procederà senza intoppi, i lavori infrastrutturali potrebbero iniziare entro pochi mesi e le costruzioni nel giro di un anno.
La decisione arriva in un momento di calo di consenso per Smotrich, il cui partito rischia, secondo gli ultimi sondaggi, di restare fuori dalla Knesset in caso di elezioni anticipate prima di autunno 2026 data delle prossime legislative. Ma la sua linea radicale sulla colonizzazione gli garantisce ampi margini di consenso nell’elettorato più nazionalista in una fase segnata dall’inasprirsi della guerra a Gaza e dalla marginalizzazione di ogni tentativo negoziale.
Negli scorsi mesi diversi Paesi occidentali, tra cui Regno Unito, Norvegia Canada, Australia e Nuova Zelanda, hanno imposto sanzioni personali contro Smotrich e il ministro della sicurezza Ben Gvir, paladino della destra religiosa, accusandoli di incitare alla violenza e all’odio nei confronti dei civili palestinesi.
Il ritorno del piano E1, a più di dieci anni dalla sua ultima sospensione, non è solo un passo ulteriore nell’espansione degli insediamenti: è un segnale politico diretto, pensato per rendere irreversibile un’architettura territoriale che esclude anzi «seppellisce» la prospettiva di uno Stato palestinese e fissa sul terreno una realtà di fatto che la diplomazia, da sola, difficilmente potrà ribaltare.