«Nasrin è stata colpita con un taser». Sono notizie terribili quelle che arrivano dalla prigione femminile di Qarchak, dove da domenica scorsa si trova rinchiusa, tra le altre, anche Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana per i diritti umani arrestata durante il funerale della 16enne Armita Garavand. A spiegare la situazione è ancora una volta il marito Reza Khandan (qui l’intervista al Dubbio), che monitora dall’esterno la situazione, senza che gli sia concesso di far visita a sua moglie. Diverse donne, stando al suo racconto, avrebbero avuto un infarto, dopo i maltrattamenti subiti al loro ingresso in prigione. «Ieri sera una delle donne arrestate al funerale di Armita Garavand ha avuto un infarto e le sue condizioni sono molto gravi - ha spiegato Khandan in un post su Facebook -. La prigione di Qarchak non aveva sedie a rotelle e barelle. È stata in ospedale fino al mattino». Un’altra donna, colpita da un attacco di cuore della stessa gravità, non è stata invece portata in ospedale. «Anche Nasrin e altre due donne arrestate durante il funerale di Armita hanno subito attacchi di cuore negli ultimi giorni. A causa dell'eccessiva pressione esercitata su queste prigioniere il primo giorno e la prima notte della loro detenzione nella sede della polizia morale, non si trovano in condizioni normali. Il numero di donne arrestate durante il funerale di Armita, che si trovano nella prigione di Qarchak, è di 21, e il numero di uomini arrestati durante la stessa cerimonia, che si trovano nelle carceri di Evin e Teheran, è di 15. Ho notato che durante la detenzione di Nasrin, oltre alle solite percosse, l’hanno colpita con il taser».

Sabato Khandan ha provato a far visita a Nasrin in carcere, ma non gli è stato concesso di farvi ingresso. «Non sta bene - spiega al Dubbio -. Ci ho parlato al telefono e non ha ancora nessuna notizia su una possibile liberazione. Le sue condizioni fisiche non sono buone. Le condizioni ambientali di quella prigione sono insopportabili. Non volevano che dicesse nulla».

Le donne arrestate dopo il funerale della 16enne ridotta in coma dalla polizia morale iraniana per non aver indossato il velo sono state torturate nel centro di detenzione della polizia di Irshad, dove Mehsa Amini - dalla cui tragedia è nato il movimento “Donna, vita e libertà” - è stata uccisa dagli agenti. Sotoudeh, nel tentativo di fermare le torture, è stata respinta a forza di botte, aveva spiegato nei giorni scorsi Khandan, che in queste ore sta lottando per far scarcerare la moglie. Il pestaggio ai danni di Sotoudeh è scaturito dal tentativo, il giorno del funerale, di difendere dalle aggressioni Manar Zarrabi, familiare di alcune delle vittime volo 752 della Ukraine International Airlines, abbattuto l'8 gennaio 2020 pochi minuti dopo il suo decollo dall'aeroporto Internazionale di Teheran-Imam Khomeini dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane.

Da lì una slavina di botte, soprattutto in testa, come raccontato da alcuni presenti. Botte che sono poi continuate nel centro di detenzione della polizia di sicurezza di Teheran, fino al trasferimento presso l'ufficio del procuratore di Evin, insieme ad altri detenuti. Le accuse a carico di Sotoudeh sono surreali: «Riunione e collusione per agire contro la sicurezza del Paese» e «disobbedienza agli ordini degli ufficiali», compreso il fatto di non aver indossato l’hijab obbligatorio. Sotoudeh e Zarrabi sono rimaste bloccate per ore davanti all'ufficio del pubblico ministero nel veicolo speciale per il trasporto dei detenuti, poiché senza velo. Quando gli agenti di sicurezza hanno cercato di caricare le donne con la forza in un veicolo speciale per il trasporto di prigionieri al carcere di Qarchak, Zarrabi è svenuta e ha iniziato ad avere le convulsioni. Per tale motivo, le autorità sono state costrette a rilasciarla.

Nonostante per ciascuna delle donne arrestate sia stata fissata una cauzione di 500 milioni di toman - circa 11mila euro -, la procura continua a rifiutare il pagamento della stessa. «Nonostante il fatto che la signora Nasrin Sotoudeh e altre persone detenute arbitrariamente al funerale di Armita Garavand abbiano ottenuto la libertà su cauzione - spiega l’avvocato Mohammad Moghimi -, le autorità giudiziarie hanno rifiutato la libertà su cauzione con una mossa illegale».