Un alleato così fervente e appassionato i russi non lo troverebbero neanche in cento anni di affannosa ricerca: Silvio Berlusconi è infatti il leader politico occidentale senza dubbio più fedele alla causa del Cremlino, una conseguenza naturale dell’amicizia profonda che da oltre vent’anni lo lega a Vladimir Putin e che va oltre le ragioni della geopolitica, i posizionamenti ideologici e l’interesse personale. Per questo Mosca ha preso immediatamente le parti del Cavaliere nello scontro verbale che ha avuto a distanza con Volodymyr Zelensky.

Se il Cav aveva affermato che lui quel guitto di Zelensky non lo incontrerebbe mai perché lo considera un leader poco serio nonché il primo responsabile della guerra, il presidente ucraino ha replicato che il fondatore di Forza Italia farebbe meglio a tacere visto che non avrebbe mai subito gli orrori di un occupazione militare: «Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata, mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle tre di notte per scappare e tutto questo grazie all’amore fraterno della Russia». Queste parole pronunciate nel corso della conferenza stampa congiunta con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in visita a Kiev.

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova sul suo canale Telegram difende a spada tratta l’amico Silvio che sulla guerra in Ucraina sostiene per filo e per segno la linea degli uffici stampa del Cremlino: «In un altro impeto di rabbia impotente, l'abitante del bunker ha attaccato Berlusconi, che aveva ricordato al regime di Kiev il Donbass».

La portavoce russa - dopo aver affermato che, contrariamente a quanto detto da Zelensky, l'ex premier italiano ha vissuto da bambino i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale - aggiunge: «Così Zelensky ha confrontato il suo regime con quello fascista e l'operazione militare speciale con l'azione degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli è scappata la verità».

Una reciproca professione di amore che imbarazza non poco l’esecutivo Meloni, costretto a fare i conti tra la nuova linea atlantista della premier e i pruriti filorussi che si agitano nella sua maggioranza, da Berlusconi alla Lega di Matteo Salvini.