La Casa Bianca le ha silurate ma loro non ci stanno. Susan Monarez, direttrice del Centro nazionale per il controllo delle malattie, e Lisa Cook, membro del board della Federal Reserve (la Banca centrale Usa), hanno opposto un rifiuto netto al licenziamento, innescando l’ennesimo conflitto istituzionale dell’era Trump. La prima si è vista dichiarare decaduta dal Segretario alla Sanità Robert F. Kennedy Jr., la seconda dal presidente stesso, ma entrambe rivendicano la legittimità del loro mandato e si appellano alla legge. I due casi sono solo l’ultimo capitolo di un conflitto che attraversa le istituzioni americane messe duramente alla prova dalle continue manifestazioni di forza del tycoon.

Monarez, confermata dal Senato pochi mesi fa, è stata accusata dal “no vax” Kennedy Jr. di «politicizzare la scienza» per essersi opposta a una riduzione delle coperture da vaccino per donne in gravidanza e bambini. E ha denunciato la pressione del governo, che a suo dire mira a piegare la medicina e la salute pubblica all’agenda ideologica presidenziale. Kennedy aveva già soppresso negli scorsi mesi tutti i membri del comitato consultivo sulle immunizzazioni (ACIP) e li aveva sostituiti con nominativi affini alla sua visione. Monarez si sarebbe opposta a questi cambiamenti, ritenuti politicamente motivati Le sue dimissioni, ha dichiarato, potranno arrivare solo da un atto presidenziale formale, aprendo così la via a un contenzioso legale. La vicenda ha provocato l’uscita di altri dirigenti del CDC, che hanno parlato di una rottura irreparabile del «patto di fiducia» tra scienza e politica.

Pochi giorni prima era toccato a Lisa Cook, sospettata di aver dichiarato più residenze principali per ottenere condizioni favorevoli sui mutui e poi rimossa dal presidente con un atto unilaterale. Lei ha contestato la decisione ricordando che la legge consente il siluramento di un governatore della Fed solo dopo un procedimento per giusta causa, circostanza mai provata. La Banca centrale è infatti concepita per operare con indipendenza rispetto al potere politico e i governatori del board, con mandati di 14 anni, possono essere rimossi solo se viene dimostrata inefficienza, negligenza o malafede. Sullo sfondo il livore di Donald Trump verso il governatore generale Jerome Powell definito «un nemico peggiore della Cina» per aver mantenuto i tassi di interesse troppo alti.

La battaglia, anche in questo caso, finirà in tribunale in un confronto senza precedenti tra la Fed e un’amministrazione.

Fin dall’inizio del suo primo mandato Trump ha messo alla prova quasi tutti contrappesi istituzionali. Nel 2017 ordinò le dimissioni in blocco di tutti i procuratori federali nominati da Obama: alcuni, come Preet Bharara, si rifiutarono e furono licenziati, inaugurando una stagione di dissidi con il sistema giudiziario. In seguito toccò agli ispettori generali, figure chiamate a vigilare sull’operato delle agenzie federali: una ventina furono rimossi senza motivazioni trasparenti, lasciando sospetti di coperture e riducendo drasticamente la capacità di controllo interno.

La magistratura stessa è stata oggetto di rappresaglie durissime. Trump ha bollato come “tiranni” i giudici federali che bloccavano le sue iniziative contro l’immigrazione illegale, arrivando persino a intentare causa contro tutti i quindici magistrati del Maryland per un ordine che fermava alcune deportazioni. Il giudice Thomas Cullen ha respinto la causa, definendola un «attacco brutale al sistema giudiziario federale». In molti casi, le sentenze dei tribunali sono state semplicemente disattese o aggirate dagli agenti di frontiera dell’Ice. Dallo scorso 21 gennaio i giudici federali hanno emesso circa 35 ingiunzioni nazionali contro le politiche dell'amministrazione; i particolare contro gli arresti abusivi di stranieri, i tentativi di modificare la legge sullo ius soli e la riduzione dei finanziamenti perle università ritenute nemiche.

Neppure le nomine amministrative si sono salvate dalla furia rottamatrice del tycoon. Già nel Dipartimento della Sicurezza Interna, durante il primo mandato, la posizione del segretario ad interim Chad Wolf fu giudicata da un tribunale “probabilmente illegale”, con conseguenze dirette sulle politiche in materia di asilo. In parallelo, Trump ha emesso l'Executive Order 14215, che rafforza il controllo della Casa Bianca sulle agenzie indipendenti, imponendo loro di sottoporre le regolazioni significative alla revisione dell'Office of Management and Budget (OMB) e di allinearsi alle interpretazioni legali fornite dal presidente o dal procuratore generale.

Gli atti di “disobbedienza” di Susan Monarez e Lisa Cook segnano un’ulteriore escalation nella guerra tra la Casa Bianca e i pilastri dello Stato federale, illuminando la crisi politica più profonda che gli Stati Uniti hanno attraversato nella storia recente.