«Ci sono elementi di criticità che abbiamo ritenuto di segnalare. Ma non si tratta di possibili profili di illegittimità costituzionale, piuttosto di ricadute sulla quotidianità della giustizia italiana e in particolare sui carichi di lavoro delle corti d’assise». Michele Ciambellini, esponente di Unicost, è il togato del Csm che, insieme con il consigliere di Area Giuseppe Cascini, ha materialmente redatto il parere di Palazzo dei Marescialli sulla “riforma” del rito abbreviato. Una legge che pare destinata a ottenere il via libera definitivo in Senato nel giro di poche settimane. Potrebbe entrare in vigore al massimo per Pasqua ( a Palazzo Madama pare destinata a passare senza modifiche) ed escluderebbe la possibilità di accedere al rito abbreviato per tutti i reati puniti con l’ergastolo, dunque di passare in diversi casi dal “fine pena mai” a 30 anni di reclusione. «Una scelta legittima del legislatore, come la Corte costituzionale ha già stabilito», chiarisce Ciambellini.

Anche se in qualche caso potrebbe costare, alla persona accusata, un ergastolo “ostativo”, cioè senza prospettive di reinserimento sociale? Prima di tutto la Consulta ha già affermato che il Parlamento potrebbe anche arrivare a eliminare i riti alternativi senza contravvenire ai principi costituzionali, al di là di ipotesi di riforma che fossero manifestamente irragionevoli. Riguardo all’eventuale preclusione di benefici che consentano, dopo anni, il reinserimento del condannato, va detto che secondo la Corte costituzionale il fine rieducativo della pena richiesto dall’articolo 27 della Carta non si realizza solo con il reinserimento extra carcerario, ma può avvenire anche all’interno degli istituti di reclusione. Fino a oggi, insomma, il giudice delle leggi ha ritenuto l’ergastolo compatibile con la Costituzione. Ma mi faccia precisare ancora una cosa.

Prego. Il Csm in ogni caso non esprime pareri sui provvedimenti per additare precise cause di incostituzionalità. Al più segnala possibili profili di illegittimità che sottopone comunque al Parlamento senza ergersi a filtro: su questo il presidente della Repubblica ha già pronunciato parole nettissime. Tanto è vero che anche per il parere relativo alle modifiche sul rito abbreviato, abbiamo casomai messo a disposizione dei rilievi basati sull’esperienza della macchina processuale e riguardanti gli effetti pratici della riforma.

Che appesantirebbero il carico della giustizia penale? Vede, eliminare l’abbreviato per i reati da ergastolo significa gravare di un maggior numero di processi le corti d’assise. Oggi chi è accusato di delitti puniti anche col carcere a vita opta nel 70- 80 per cento dei casi per l’abbreviato. Vuol dire che solo negli ultimi due anni, i Tribunali italiani hanno potuto lasciare la trattazione di oltre un migliaio di questi procedimenti a un singolo giudice, che li ha definiti in due o tre udienze al massimo e ha potuto depositare la sentenza nel giro di 40 giorni. In tutto, un impegno, per il sistema giudiziario, di 3 o 4 mesi. Sa cosa significa se per tutti questi casi, spesso di omicidio, si devono invece mettere in campo le corti d’assise?

Cosa succede? Che ci vogliono almeno un paio d’anni per ogni processo. Un tempo sestuplicato in cui vanno impiegati due togati e una giuria popolare. In diverse circostanze, le differenze di pena rispetto a quanto sarebbe avvenuto con l’abbreviato non risulterebbero molto evidenti. Un esempio? Nel caso di alcuni gravi reati, il ricorso all’abbreviato consente semplicemente di evitare, al condannato, che i primi 6 mesi siano scontati in regime di isolamento diurno, ma comunque resterebbe l’ergastolo.

Il presidente della commissione Giustizia del Senato, Ostellari, ritiene marginale lo svantaggio dal punto di vista deflattivo rispetto alla maggiore deterrenza che si avrebbe senza gli sconti di pena consentiti dall’abbreviato. Su questo, torno a dire, il Csm non ha mosso alcuna osservazione. Ci limitiamo, nella delibera approvata, a ricordare che se diverse centinaia di procedimenti continuassero a essere definiti con l’abbreviato, le corti d’assise potrebbero restare concentrate sui processi indiziari, che richiedono un impegno maggiore. Parliamo di alcune centinaia di processi penali l’anno risparmiati: vorrebbe dire avere più forze per i casi a maggior peso specifico della giustizia italiana.

Avete suggerito soluzioni alternative? Assolutamente sì. Oggi, per omicidi senza aggravanti generiche, l’abbreviato consente di ridurre la pena a 16 anni o anche più in basso: si potrebbe diminuire l’effetto di tale riduzione. Si eviterebbero pene non adeguate senza appesantire le corti d’assise, tutt’altro che sfaccendate.