Qualcuno, con toni forse esagerati, non ha mancato di evocare la Repubblica di Weimar, ma di certo a situazione politica in Germania desta qualche preoccupazione, soprattutto a pochi giorni dalle polemiche relative alla relazione anti-AfD da parte dei servizi segreti.

Il colpo di scena è arrivato ieri mattina al Bunsetag, chiamato a ratificare il passaggio di consegne tra Olaf Scholz e Friedrich Merz alla Cancelleria. Doveva essere una passerella, ma alla fine è diventato un campo minato, perché Merz è riuscito a farsi eleggere cancelliere della Germania solo al secondo tentativo, dopo una prima votazione che ha lasciato la Grosse Koalition Cdu-Spd sotto shock. Il leader cristiano-democratico ha ottenuto 325 voti, appena nove in più del quorum fissato a 316.

Ma la ferita resta, perché al primo scrutinio si era fermato a quota 310, ben lontano dalla soglia di sicurezza. Un esordio che sa di campanello d’allarme. Un imprevisto che ha rischiato di far deragliare l’intero processo. I voti contrari erano stati 307, le astensioni 3: numeri che raccontano una maggioranza nervosa, forse spaccata. Su 328 voti teoricamente a disposizione - la somma dei gruppi Cdu/Csu e Spd - Merz ne ha persi ben 18.

Nel primo pomeriggio, con una mossa rapida e coordinata, il capogruppo della Cdu Jens Spahn ha annunciato un secondo giro di giostra. Stavolta il risultato ha premiato la tenuta della coalizione: 325 sì, missione compiuta. Merz è cancelliere, ma l’impressione è che il suo mandato inizi già zavorrato da una fiducia a mezzo servizio. La stretta di mano con Scholz, davanti all’aula, ha sancito il passaggio di testimone, ma dietro al gesto istituzionale si cela una verità politica più amara: l’uomo scelto per guidare la Germania non convince fino in fondo nemmeno i suoi.

Il voto mancato al primo turno non è stato un incidente procedurale, bensì un segnale politico. Secondo la costituzione tedesca, l’elezione del cancelliere può arrivare fino a tre votazioni a scrutinio segreto. Alla terza basta una maggioranza relativa. Merz ce l’ha fatta al secondo giro, quindi nessuna crisi costituzionale all’orizzonte.

Ma il messaggio resta: c’è chi vuole indebolirlo, dentro e fuori i suoi ranghi. Tra le fila dell'opposizione, dopo il primo voto vi era stato un comprensibile entusiasmo. Tino Chrupalla, numero due del partito di estrema destra aveva affermato: «Oggi è un buon giorno per la Germania. Merz certamente non ha avuto il nostro voto». Ancora più esplicita la co-leader Alice Weidel: «Merz dovrebbe farsi da parte. È tempo di nuove elezioni».

Ma come detto, i veri guai non arrivano solo dai banchi dell’opposizione. Dentro la stessa Cdu c’è chi mal digerisce la linea del nuovo cancelliere. Alcuni malumori risalgono a gennaio, quando Merz, con un’uscita controversa, aveva votato insieme all’AfD una mozione che chiedeva la chiusura delle frontiere e il blocco dell’immigrazione illegale. Una mossa che aveva sollevato un vespaio di polemiche e probabilmente lasciato strascichi.

È in questo clima, tra sospetti interni e ostilità esterne, che il nuovo governo tedesco muove i primi passi. Merz ha vinto, sì, ma senza l’abbraccio convinto della sua maggioranza. Difficile pensare che basti una stretta di mano a fugare i dubbi. La Germania, dunque, si ritrova con un cancelliere che ha dovuto combattere già per la sua legittimazione parlamentare. Un inizio tutto in salita, che gli americani definirebbero da “anatra zoppa”.