Ezio Menzione è osservatore internazionale per l'Unione Camere Penali. Si era recato a Diyarbakir, nel sud est della Turchia, «per l'arresto dei due sindaci della città. Purtroppo non c'è limite al peggio e quindi siamo stati costretti a fare i conti anche con i sedici mandati di cattura emessi nei confronti dei leader dell'Hdp, il partito curdo. Due di loro erano all'estero, uno è stato liberato. Gli altri 13 fermi invece sono stati convalidati, dopo ore di attesa, dal momento che i tribunali competenti erano sparsi per il paese».A poche ore dagli arresti è esplosa un'autobomba sotto la sede dell'antiterrorismo (nella foto).La probabile risposta del Pkk all'ennesima mossa repressiva del governo. Selahattin Demirtas, il leader dell'Hdp, è originario proprio di Diyarbakir e quindi una reazione era scontata, anche se non ce la aspettavamo di questa entità. Sono saltati in aria interi edifici e sotto le macerie sono rimasti in otto, due poliziotti e sei civili. È avvenuta lontano dal centro e per fortuna eravamo distanti.Anche l'Europa sembra rendersi conto della gravità della situazione.Assistiamo a una crescente limitazione della libertà. Nulla sembra attenuare la volontà autoritaria di Erdogan. L'immunità parlamentare era stata soppressa prima ancora del cosiddetto colpo di Stato ed è stata il preludio a questa retata, attuata in tutto il paese.La popolazione è scesa in piazza, ma le proteste sono state interrotte sul nascere.C'è grande tensione. Numerosi cittadini, preoccupati dalla deriva antidemocratica, si sono radunati di fronte al Comune e al Tribunale, in occasione delle udienze di convalida, ma sono stati dispersi dalla polizia in assetto antisommossa con gas e idranti. Non avevano intenzioni bellicose, anche in virtù dell'imponente schieramento di forze dell'ordine, ma non è stato tollerato neanche l'assembramento.Sulla soglia del palazzo di giustizia un altro episodio inquietante.In mattinata non è stato consentito l'ingresso agli avvocati, successivamente sottoposti a perquisizioni personali da parte della polizia, che solitamente controlla soltanto le loro borse. Alcuni legali con coraggio si sono ribellati alle forze dell'ordine e si è arrivati a un vero e proprio scontro.Cresce insomma l'insofferenza nei confronti di chi chiede il rispetto della legalità.La contrapposizione è evidente e le garanzie difensive ormai nulle. Anche in altre città del Kurdistan si è sollevato un coro unanime: gli avvocati sono il prossimo obiettivo, dopo accademici, giudici, insegnanti e liberi pensatori. Rischiano i gruppi in prima fila nella difesa dei diritti umani, poi toccherà all'intera categoria.Avete assistito a un processo surreale.Basta una scusa per finire in prigione. Giovedì è stata rigettata l'istanza di scarcerazione nei confronti di un avvocato, che nell'ultimo anno è stato anche sottoposto a torture, e di altri tre coimputati. La Corte purtroppo ha ignorato argomenti solidissimi a loro discolpa, dei quali si era discusso per due ore.