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DONALD TRUMP PRESIDENTE USA BENJAMIN NETANYAHU PRIMO MINISTRO ISRAELIANO
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in una lunga intervista telefonica con Reuters, ha espresso ottimismo riguardo agli sforzi per un accordo di pace in Medio Oriente. Trump ha riferito all'agenzia di stampa di aver ricevuto una «risposta molto buona» sia da Israele che dai leader arabi in merito al piano statunitense per porre fine alla guerra a Gaza.
«Tutti vogliono fare l'accordo», ha dichiarato Trump, alla vigilia del cruciale incontro con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca. Il presidente USA ha auspicato di finalizzare l'intesa proprio durante l'incontro, sottolineando che la proposta mira non solo a porre fine alla guerra a Gaza, «ma a raggiungere una pace più ampia in Medio Oriente».
Tensione e Spionaggio: l'Iran giustizia Bahman Choobiasl
Mentre la diplomazia cerca spazi, la tensione si acuisce. L'Iran ha annunciato l'avvenuta impiccagione di un uomo identificato come Bahman Choobiasl, accusato di aver compiuto attività di spionaggio in favore di Israele.
Secondo Teheran, Choobiasl avrebbe incontrato funzionari del Mossad e, citando l'agenzia di stampa iraniana Mizan, portavoce ufficiale della magistratura, l'uomo lavorava a «progetti di telecomunicazioni sensibili» e avrebbe fornito rapporti sulle «modalità di importazione di dispositivi elettronici».
Si aggrava intanto la situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica: i gruppi di attivisti Iran Human Rights (con sede a Oslo) e l'Abdorrahman Boroumand Center for Human Rights in Iran (con sede a Washington) stimano che il numero di persone giustiziate nel 2025 supererà le 1.000 unità. Il numero, tuttavia, avvertono, «potrebbe essere più alto, perché Teheran non fornisce resoconti su ogni esecuzione».
Netanyahu: il peso del processo e la cautela di Herzog
Parallelamente, il quadro politico interno israeliano si confronta con le vicende giudiziarie del suo Primo Ministro. Il caso giudiziario di Benjamin Netanyahu è «molto gravoso per la nostra società». È quanto ha affermato il presidente israeliano Isaac Herzog, citato dalla radio delle Forze armate israeliane. Herzog ha messo in chiaro che, in caso di ricorso in appello, la sua valutazione sarà improntata al bene dello Stato: «Se ci sarà un appello, prenderò in considerazione tutte le opzioni necessarie per salvaguardare il bene dello Stato». «Se ci sarà un procedimento giudiziario, valuterò il bene dello Stato, della società, e prenderò in considerazione tutte le valutazioni necessarie, informandone il pubblico e agendo con trasparenza».
Netanyahu è sotto processo per tre casi di corruzione, deve affrontare accuse di frode, abuso di fiducia e accuse di corruzione. Il Primo Ministro nega ogni illecito e sostiene che tutte le accuse siano state inventate in un «colpo di stato politico orchestrato dalla polizia e dalla procura statale».
Siria: frena la normalizzazione con Israele
Infine, il Ministro degli Affari Esteri siriano, Asaad al Shaibani, ha commentato la possibile normalizzazione dei rapporti con Tel Aviv e l'eventuale adesione agli Accordi di Abramo. Secondo il capo della diplomazia siriana, discutere di tale questione «è difficile al momento, soprattutto perché la Siria è minacciata da Israele, le Alture del Golan sono occupate e nuove aree sono state occupate dall'8 dicembre» (il giorno della caduta del precedente regime di Bashar al Assad).
Al Shaibani ha sottolineato la necessità di distensione, invitando a «inviare messaggi positivi al popolo siriano, rassicurandolo su queste pratiche israeliane. Dopodiché, potremo discutere del futuro della regione». Ha concluso ribadendo la nuova politica estera di Damasco: «La nostra politica, che abbiamo costantemente dichiarato, è che la Siria non rappresenta una minaccia per nessuno nella regione, Israele compreso. Tuttavia, questi messaggi positivi che abbiamo lanciato, che esprimono il nuovo volto della Siria, un volto di pace e cooperazione, hanno incontrato minacce e attacchi». Il Ministro ha poi assicurato che le preoccupazioni precedentemente espresse da Israele – ovvero la presenza delle milizie iraniane, di Hezbollah e delle milizie del precedente regime – «sono state eliminate insieme al regime».