Le manovre di breve respiro in materia di giustizia non servono. A lanciare l’avvertimento al Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, è il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, in una lunga intervista all’Adnkronos. «Bisogna lavorare a manovre a lunghissima prospettiva, in tema di giustizia come di sanità, di infrastrutture o di tutela del patrimonio culturale e dell’ambiente», ha detto Mascherin, che ha poi lanciato a tutto l’arco parlamentare l’ipotesi di «costituire una sorta di assemblea dell’economia che duri nel tempo» perché, «se si va avanti con manovre dal respiro corto e oggetto di conflittualità quotidiana tra maggioranza e opposizione, si andrà poco lontano».

Il presidente del Cnf ha affrontato tutti i temi all’ordine del giorno in materia di giustizia, a partire dai 500 milioni di risorse previsti per il sistema giustizia dal Guardasigilli Bonafede. «Sono qualcosa - ha concesso Mascherin - ma sono pochi». L’elenco delle necessità, del resto, è molto lunga: «Bisogna investire in personale amministrativo, organici, tecnologie, edilizia giudiziaria». Insomma, inutile ragionare di migliorie al sistema, se prima non si investono risorse sufficienti: «Finché non si rende efficiente il meccanismo, interventi a costo zero sono annunci destinati al fallimento».

Dalla manovra economica al dl Sicurezza, Mascherin ha analizzato il contenuto del decreto al centro del dibattito e della polemica politica. «La legge presenta alcune criticità di costituzionalità, come rilevato anche dal Consiglio superiore della magistratura», è il primo rilievo di carattere generale. «Detto questo, un approccio più rigoroso e severo è legittimo», ha spiegato il presidente, «ma quando si alza la soglia della severità e del rigore bisogna parallelamente alzare le garanzie, e in questo caso specifico gli strumenti di integrazione».

In altre parole, a fronte degli strumenti di repressione, è necessario individuare strumenti che favoriscano l’individuazione di un punto di incontro culturale e di convivenza pacifica.

Nel merito, «La prima parte, quella sul versante del rigore, c’è. Pertanto, serve un bilanciamento», ha spiegato Mascherin, il quale però ha anche ricordato che norme complesse come quelle contenute nel decreto Sicurezza richiedono, prima di poter parlare dei loro effetti, uno «studio di impatto, che in questo caso non è ancora possibile».

La legittima difesa «non è la risposta all’esigenza di sicurezza dei cittadini», ma piuttosto «il fallimento dello Stato che non è in grado di difendere il cittadino e lo arma, o comunque lo predispone culturalmente all’uso dell’arma». Una bocciatura decisa, quella di Mascherin, alla proposta di legge in materia di legittima difesa. L’istituto è stato spesso citato, chiedendone la riforma, da parte del vicepremier Matteo Salvini.

Mascherin ha ricordato che le proposte avanzate, in particolare quella che ipotizza di introdurre il “grave turbamento” tra le cause che giustificano la legittima difesa, «rischiano di complicare l’attività del giudice, prevedendo un’attenzione alla psiche umana, che non è mai semplice».

Poi, a smentire allarmismi mediatici ingiustificati, ha chiarito che, anche in caso di riforma della legittima difesa, «ci sarà sempre un’indagine a carico di chi ha esercitato la legittima difesa» e quindi «sarà sempre necessario un accertamento della dinamica dei fatti».

In caso contrario, avverte il presidente del Cnf, «se si creassero automatismi, si violerebbe il principio della separazione dei poteri perché si andrebbero a costruire leggi che si sostituiscono al libero convincimento del giudice». La tesi di Mascherin è che «come il giudice con le sentenze non può andare oltre un certo limite e non può sostituirsi al legislatore; così il legislatore non può sostituirsi al giudice, ponendo degli automatismi». Non solo, il presidente del Cnf adombra anche rischi di incostituzionalità, in caso dell’introduzione di automatismi: «Si verificherebbe la violazione del principio di uguaglianza, perché con gli automatismi si tratterebbero alla stessa maniera fatti diversi tra loro».

In sintesi, il presidente del Cnf rinvia considerazioni di dettagli a quando la riforma della legittima difesa assumerà contorni più strutturati: «Allora sarà necessario prevedere che il giudice possa muoversi caso concreto per caso concreto, senza automatismi» .

Andrea Mascherin ha infine ribadito l’importanza di non abdicare al rispetto dei diritti umani fondamentali sanciti dalla Costituzione, soprattutto quando sull’altro piatto della bilancia ci sono interessi di natura economica.

Per farlo, ha citato due casi di cronaca internazionale che tutt’ora rimangono aperti: quello dei due marò in India e della morte ancora senza colpevoli del ricercatore Giulio Regeni, in Egitto. «Se sui diritti umani fondamentali prevalgono gli interessi economici di uno Stato, come è avvenuto per i marò e come probabilmente finora è accaduto per Giulio Regeni, se non si privilegia la tutela dei diritti umani rispetto a quella degli interessi economici, non si arriva alla verità», ha ammonito il presidente del Consiglio Nazionale Forense.

Proprio sul caso di Giulio Regeni, la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura si è spesa in diverse occasioni, per chiedere con forza il rispetto del diritto: da ultimo, quando le autorità egiziane hanno arrestato la moglie del direttore dell’organizzazione di cui fanno parte i legali della famiglia di Giulio Regeni in Egitto.