Sono passati 50 anni da quel 21 luglio del 1969 in cui l’uomo mise piede per la prima volta su un corpo extraterrestre. In molti allora pensarono che fosse solo il primo passo e che in pochi anni l’uomo sarebbe sbarcato anche su Marte. E invece il programma Apollo non ha avuto seguito e l’interesse nei decenni successivi si è spostato sull’esplorazione del resto del Sistema Solare condotta da sonde senza equipaggio. Il motivo appare ora abbastanza ovvio: gli enormi rischi per gli astronauti e l’altrettanto enorme investimento economico erano stati affrontati non tanto per amore della scienza quanto per affermare le capacità tecnologiche e la supremazia di una superpotenza su un’altra.

Eppure, da un punto di vista scientifico, il programma Apollo ci ha dato molto, oltre alla dimostrazione che l’uomo può viaggiare nello spazio. I quasi 400 kg di rocce lunari, scelte una per una (uno degli astronauti della missione Apollo 17era anche un geologo), riportate a Terra e studiate da esperti di tutto il mondo, sono tra il materiale più prezioso e meglio custodito presente sulla Terra.

I campioni, provenienti da varie regioni lunari, hanno consentito enormi progressi nella conoscenza del sistema Terra- Luna, permettendo la datazione e l’analisi della composizione del suolo lunare, e quindi la ricostruzione del processo di formazione del nostro satellite. L’opinione prevalente è che 4 miliardi e mezzo di anni fa la proto- terra sia stata colpita da un corpo di massa enorme e i detriti sarebbero entrati in orbita e avrebbero formato il nostro satellite.

In realtà l’interesse per la Luna nei decenni passati non è mai scemato: a partire dagli anni ’ 90 varie sonde sono entrate in orbita lunare o sono allunate e molte altre sono in fase di costruzione o progettazione. Non si tratta più però di sole missioni americane o russe, sono entrati in gioco anche l’Agenzia Spaziale Europea, il Giappone, la Cina e l’India. La Cina è la terza nazione, insieme a Russia e Stati Uniti, che è riuscita a compiere un allunaggio sulla faccia visibile, ed è stata la prima, con la missione Chang’e- 4, a compiere un allunaggio su quella nascosta nel gennaio di quest’anno.

La sonda americana LRO è in orbita polare intorno alla Luna da una decina di anni. Tutte queste missioni hanno mappato e studiato con ogni tipo di strumento la superficie lunare, dandoci un’idea precisa della sua composizione e storia evolutiva, e, cosa più importante di tutte, dimostrando la presenza di ghiaccio d’acqua, scoperta che ha rinfocolato l’interesse per la Luna e dato una spinta fondamentale ai progetti di esplorazione umana.

I primi indizi della possibile presenza di ghiaccio si erano avuti nel 1994 dalle osservazioni della sonda americana Clementine ed erano stati confermati dalla missione indiana Chandrayaan- 1 nel 2008. Grandi quantità di ghiaccio si trovano nelle zone polari, in crepacci e crateri permanentemente in ombra. La missione americana LCROSS nel 2009 ha lasciato cadere una parte della sonda su uno di questi crateri e, analizzando la composizione del materiale eiettato, ha evidenziato la presenza di più di 100 kg di acqua. Come è arrivato sulla Luna questo ghiaccio? Due le ipotesi principali: origine cometaria (i nuclei delle comete sono costituiti in gran parte da ghiaccio d’acqua) e produzione in loco, attraverso una reazione originata dall’impatto dell’idrogeno contenuto nel vento solare con l’ossigeno di cui le rocce lunari sono ricche. La disponibilità di ghiaccio d’acqua sulla superficie lunare ha reso l’ipotesi di stabilire una base abitata sulla Luna assai più realistica, in quanto i costi del trasporto di acqua dalla Terra sarebbero sicuramente proibitivi.

Rispetto a cinquanta anni fa lo scenario geopolitico internazionale che fa da sfondo all’esplorazione spaziale è completamente cambiato, e non solo perché altre nazioni oltre a Russia e Stati Uniti sono in grado di lanciare sonde nello spazio. La grande novità è l’entrata in scena dell’impresa privata. Nel 2016 il governo statunitense ha preso una decisione che avrà un impatto sul futuro, garantendo il permesso a una startup, la Moon Enterprise, di atterrare, quando ne avrà la capacità, sulla Luna. Nove compagnie commerciali, sempre americane, sono in competizione per inviare piccoli carichi di strumenti sul suolo lunare. Nell’aprile 2019 la sonda israeliana Beresheet, lanciata da una compagnia privata, ha orbitato intorno alla Luna prima di precipitare in un tentativo fallito di atterraggio.

Certo l’esplorazione umana avrebbe più fascino. Il governo degli Stati Uniti ha annunciato che entro il 2024 invierà astronauti sulla Luna con la possibile collaborazione di imprese commerciali. Il luogo dell’allunaggio sarà il Polo Sud, dove è presente il ghiaccio. Il CEO della Amazon, Jeff Bezos, ha annunciato che la sua compagnia spaziale, la Blue Origin, avrà come obiettivo di andare sulla Luna per costruire una base permanentemente abitata. Il motore dell’esplorazione lunare non è più solo la scienza, e sta assumendo importanza l’interesse nelle risorse da sfruttare. Del resto, è la stessa potente spinta che ha giustificato l’impiego di capitale e determinato il successo delle imprese dei grandi navigatori del passato come Magellano e Colombo.