Era andato in Siria per puro idealismo, voleva combattere le milizie fanatiche del sedicente Stato islamico (Isis) al fianco dei guerriglieri curdi dell’Ypg (Unità di protezione del popolo), un popolo che amava e rispettava profondamente. E per diversi mesi ha condiviso con loro aspre giornate di guerra in quella che dovrebbe essere l’ultima campagna contro quel che resta del gruppo jihadista.

Ieri però il fiorentino Lorenzo Orsetti, 33 anni, ha perso la vita a Baghuz località della Siria nordorientale teatro dello scontro tra l’Isis e le Forze democratiche siriane (Fds), alleanza curdo- araba sostenuta tra l’altro anche dagli Stati Uniti.

E’ stato direttamente un portavoce dello Stato Islamico ad annunciare «la morte del crociato italiano». In una serie di immagini diffuse online la formazione jihadista pubblica alcuni documenti che con ogni probabilità appartenevano proprio a Orsetti. Si tratta di una tessera sanitaria e di una carta di credito, ma c’è anche una foto, in bianco e nero, che ritrae l’uomo senza vita.

Nato a Firenze, classe 1986, Orsetti aveva lasciato il lavoro di chef nell’alta ristorazione, dopo 13 anni, per seguire la causa curda. È stato cameriere, poi sommelier e infine cuoco, ma quei successi professionali non lo appagavano; così ha deciso di lasciare il ristorante- enoteca a Settignano, sulle colline di Firenze, dove lavorava da alcuni anni e di partire per il Medioriente.

Da sempre sostenitore della causa curda ha così deciso di raggiungere la scorsa primavera (tra aprile e maggio) le unità dell’Ypg che tra le loro fila contano numerosi stranieri, di cui almeno una dozzina di cittadini italiani. Aveva rilasciato di recente alcune interviste, usando il cognome “Dellatullo” e presentandosi con il nome di battaglia “Tekoser” (che significa lottatore in lingua curda).

Ecco cosa raccontò lo scorso anno a un giornalista del Corriere Fiorentino. «Mi chiamo Lorenzo, ho 32 anni, sono nato e cresciuto a Firenze. Ho lavorato per 13 anni nell’alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco. Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta più equa. L’emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos a Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi».

Le ultime parole pubbliche di Oresetti sono quelle pronunciate al programma tv Le Iene qualche settimana fa, prima che inziasse la battaglia di Baghuz: «Non penso di tornare in Italia a breve, ma anche quando lo farò non avrò problemi ad assumermi le mie responsabilità. Sono molto orgoglioso di fare quello che sto facendo e sono convinto di stare dalla parte giusta. Ora, se anche conquisteremo l’ultima roccaforte di Al Marashidah, penso che la mentalità di Isis, feudale e patriarcale, sopravviverà. La battaglia è ancora lunga, ma siamo qui per questo».