Se le esposizioni universali sono un’immaginifica rappresentazione del futuro, il nostro assomiglia a una perturbante distopia politica. Corredata da fiumi di petrodollari, di vacua retorica modernista, di ipocrita greenwashing, fiumi sotto cui annegano, letteralmente, i diritti delle persone.

Che Expo 2030 andasse a Ryad era prevedibile, il soft power della monarchia saudita sui grandi eventi sembra in questa fase inarrestabile, il principe ereditario Mohammad bin Salman, con una specie di Opa ostile, si è già mangiato mezzo mondo del calcio, portando nel modesto campionato locale decine e decine di campioni ancora nel fiore degli anni e drogando in modo brutale il mercato. Ha ottenuto i Giochi invernali asiatici del 2029 ed è a un passo dall’assegnazione dei Mondiali di calcio del 2034.

Una macchina inarrestabile, alimentata da fondi miliardari e da una rete tentacolare di lobbisti che lavora h24 per la gloria di una dinastia reale fradicia di petrolio capace di comparsi tutto ciò che desidera quando lo desidera. Questa corsa all’oro avviene con lo sconcertante placet della cosiddetta comunità internazionale, la quale non solo chiude gli occhi sulle continue violazioni dei diritti umani da parte del regime wahaabita, ma non perde occasione per premiare e incoraggiare le smisurate ambizioni del principe.

Sarebbe utile in simile untuoso contesto ricordare agli incauti ammiratori di bin Salman la feroce repressione della libertà d’espressione, la guerra senza quartiere agli oppositori politici, agli omosessuali, i processi farsa e gli arresti extragiudiziari, la condizione negletta delle donne, cittadine di serie b che vivono sotto la costante tutela maschile(guardianship), nonostante qualche timida riforma avvenuta negli ultimi anni.

Oppure la pena di morte che proprio sotto la reggenza del principe “riformatore” ha visto uno sconcertante balzo in avanti: 196 esecuzioni nel 2022, il più alto numero negli ultimi trent’anni, tre volte maggiore rispetto al 2021 e ben sette volte più elevato rispetto al 2020. Per il 2023 i dati sono ancora aggiornati a inizio settembre con oltre cento esecuzioni confermando il trend dell’anno scorso. Tra i giustiziati poi, diversi ragazzi che quando avevano commesso il reato erano minorenni. L’immagine più cupa di questa deriva risale al 22 marzo 2022 quando vennero giustiziate 81 persone, tra loro qualcuno era accusato di terrorismo, altri di omicidio, altri ancora di reati d’opinione come «attentato alla coesione nazionale» o «partecipazione a manifestazione non autorizzata». E sarebbe utile anche far presente agli zelant sponsor occidentali di Ryad i metodi disumani con cui vengono eseguite le sentenze di morte: lapidazione, crocifissione e persino la decapitazione.

Per chi sfugge al boia ci sono pesantissime pene di reclusione, come è accaduto alla ricercatrice e attivista Salma al-Shehab, condannata a 27 anni di carcere lo scorso gennaio a causa di un post su Twitter critico nei confronti del regime. Manco a dirlo, i procedimenti giudiziari in Arabia saudita non rispettano nessuno standard internazionale, il diritto di difesa e al giusto processo sono un autentico miraggio e gli avvocati spesso finiscono per fare la stessa tragica fine dei loro clienti, in particolare se si tratta di dissidenti politici.

L’Arabia Saudita inoltre è responsabile di conclamati crimini di guerra in Yemen, in oltre otto anni di conflitto l’aviazione di Ryad ha bombardato e ucciso migliaia di civili nell’indifferenza dei governi occidentali che mai hanno accennato a misure di ritorsione per fermare il massacro. Tra le conseguenze di questa guerra i milioni di rifugiati yemeniti che hanno perso le proprie case e i lavoratori etiopi in fuga che cercano rifugio proprio oltre le frontiere saudite.

Anche nella gestione dei flussi migratori il principe bin Salman ha saputo dare il peggio di sé come denuncia un rapporto di Human Right watch pubblicato la scorsa estate: sono state diverse centinaia tra marzo 2022 e l’inizio di agosto le vittime delle ferocissime guardie di confine che respingono i migranti «a colpi mitragliatrice e mortaio».