Emmanuel Macron ormai parla come se fosse il presidente dell’Europa, una carica immaginaria, ma che nella sua testa sta assumendo contorni di grande concretezza.

L’inquilino dell’Eliseo sembra infatti l’unico leader continentale in grado di offrire agli alleati una visione d’insieme e di ragionare sul futuro dell’Ue. Non stiamo parlando di vincoli economici e monetari o di bilanci da portare in pareggio, per quello bastano i tecnocrati della Commissione o dei bravi ministri delle finanze, ma dell’identità stessa dell’Europa, del suo modello democratico, della sua autonomia politica e militare.

Quest’ultimo punto è stato sottolineato più volte nel discorso del 25 aprile pronunciato nell’aula magna della Sorbona con un’allure che ai media d’oltralpe ha ricordato i monologhi del generale De Gaulle: «La Francia è pronta ad assumere la prima linea della difesa europea grazie anche all'arma atomica, elemento imprescindibile per costruire le garanzie di sicurezza». E nei giorni successivi Macron è tornato a mostrare i muscoli, lanciando ripetuti bellicosi messaggi alla Russia: «Se Kiev ce lo chiedesse potremmo mandare le nostre truppe al fronte».

Nel marzo 2022, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, Macron aveva posizioni più morbide, schierato naturalmente dalla parte di Kiev disse tuttavia che non bisognava «umiliare Putin» e per mesi ha tentato di mediare personalmente con il capo del Cremlino.

A due anni di distanza il presidente francese è invece diventato il più ostico e tenace avversario della Russia e della sua campagna militare, il capofila di un’Europa balbettante che lui vorrebbe più compatta e agguerrita nell’affrontare l’imperialismo putiniano.

Nell’orizzonte tratteggiato da Macron però non c’è l’ombrello della Nato, la perpetua subalternità alla potenza bellica americana, ma la piena indipendenza militare europea, quella difesa comune che a suo dire farebbe dell’Ue un soggetto politico influente, rispettato e capace di difendersi con efficacia dalla minacce esterne. Non è un caso che nel 2019 il presidente francese, sempre con piglio gollista definì l’Alleanza atlantica un’entità «in stato di morte cerebrale» evocando già in quell’occasione la costruzione di sistemi difensivi autonomi.

Per il momento siamo ancora sul confine della propaganda e delle involate verbali e nessun atto concreto lascia supporre un imminente clash di soldati francesi o di altri paesi dell’Unione europea con le truppe di Mosca nonostante l’escalation di dichiarazioni degli ultimi giorni.

Ma sbaglia chi accusa Macron di alzare la voce solo perché siamo alla vigilia delle elezioni europee, con i sondaggi che danno i populisti di Marine Le Pen saldamente in testa alla corsa con oltre il 30% delle intenzioni di voto. Quando dal pulpito della Sorbona ha lanciato l’allarme su un’Unione «che rischia seriamente di morire», travolta dalle sue incertezze e dai veti incrociati, accerchiata dalle potenze regionali e incapace di rispondere a un nemico «disinibito», Macron ha parlato da statista e non da esponente di una parte politica. Che sia risultato credibile o meno è tutto un altro conto e lo scopriremo molto presto, ma di certo il lunghissimo discorso della Sorbona non nato da meschini calcoli elettorali, da piccolo cabotaggio politico.

Quasi tutti i presidenti della Quinta repubblica hanno contribuito in modo rilevante alla costruzione dell’Europa; De Gaulle con il Trattato di Roma, George Pompidou con l’entrata dell’Inghilterra, Valery Giscard D’Estaing con le prime elezioni dell’europarlamento e il Consiglio europeo, François Mitterrand con il Trattato di Maastricht e la moneta unica, Jacques Chirac con la Costituzione europea, Nicolas Sarkozy con il Trattato di Lisbona. E ognuno di loro si è sempre affiancato con un partner di peso: Adenauer, Schmidt, Kholl, Schroeder, Merkel, a sottolineare che l’asse franco-tedesco è il cuore pulsante dell’Unione.

Oggi, però, dall’altra parte del Reno il mite cancelliere Scholtz non sembra avere né l’ambizione né il carisma per affrontare da protagonista la grande sfida lanciata dalla Russia di Putin che ha riportato la guerra ai confini del vecchio continente. Macron ha assunto il ruolo di guida europea un po’ per inclinazione personale e per quella sua tendenza un po’ sopra le righe a vestire i panni di “monarca repubblicano”, ma soprattutto per la debolezza, estrema dei suoi principali alleati.

Se è vero che le crisi più dei momenti di equilibrio e armonia spesso ci costringono grandi svolte e cambiamenti, i lader europei farebbero bene a seguire la strada tracciata dal presidente francese.