È urgente correggere la legge sulla legittima difesa? A me non pare. L’articolo 52 del codice penale, che regola questa materia, è stato modificato una decina di anni fa dal governo di centro- destra, quando ministro della Giustizia era il leghista Castelli, allo scopo di rendere più esteso il diritto a usare armi, anche da fuoco, per difendersi dai ladri. L’articolo 52 afferma dei principi molto chiari e piuttosto ragionevoli. Dice che che il cittadino che spara al ladro non è punibile se «ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa». Cosa vuol dire proporzionale? L’articolo 52 precisa che «sussiste la proporzionalità» se chi usa l’arma ( legittimamente posseduta) lo fa all’interno di una sua proprietà ( abitazione o negozio, o garage) e lo fa per difendere «la propria o l’altrui incolumità, i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione». Proviamo a dirlo con parole più semplici: puoi sparare se ti senti direttamente aggredito, o se se sorprendi un ladro mentre ruba, a meno che il ladro non stia scappando e non abbia rinunciato al furto.

A me sembra una legge molto liberale nei confronti di chi esercita la legittima difesa. Che semplicemente pone un limite concettuale: che si tratti effettivamente di difesa e non di vendetta. Perché la difesa e la vendetta sono cose molto diverse, anzi, forse, opposte. Puoi usare un’arma per impedire un reato non per punirlo.

Quali sono le obiezioni di chi ritiene che la legge attuale non sia sufficiente a difendere i cittadini? La prima è la necessità di combattere l’aumento dei furti avvenuta negli ultimi anni. La seconda è il principio che ciascuno è padrone in casa sua, e dunque che bisognerebbe consentire l’uso libero delle armi per “reagire” a un reato che avviene in questo ambito.

Pongo due domande. La prima è questa: concedere il dritto di fuoco in casa propria, e dunque incentivare l’aumento del possesso e dell’uso di armi da parte dei privati, aiuterebbe a risolvere il problema sociale dei furti in appartamento?

Poi c’è una seconda domanda, meno pratica, più di tipo, diciamo così, “etico”: possiamo con-È siderare che l’uccisione di una persona sia un prezzo accettabile da pagare per evitare un furto? E dunque possiamo mettere sullo stesso piano, da un punto di vista ideale, il diritto alla vita e il diritto alla proprietà? O addirittura dobbiamo pensare che comunque questi due diritti siano relativi, cioè variabili, e il loro peso aumenti o diminuisca a seconda di chi lo eserciti o lo perda? ( Cioè, ad esempio, che il diritto alla proprietà di un cittadino incensurato è più alto del diritto alla vita di un cittadino che sta commettendo un reato?).

Cominciamo dalla prima domanda. Io non credo, sulla base dei dati sperimentali che si conoscono, che l’aumento delle armi e del diritto di fuoco possa ridurre i furti. In molti Stati dell’America del Nord - dove circa un terzo dei cittadini è armato, e dove è legittimo sparare contro chi viola il proprio domicili - il numero dei furti è molto superiore ( sia in cifra assoluta, naturalmente, ma anche in pro- porzione) al numero dei furti in Italia; e il numero di omicidi è incomparabilmente superiore.

Negli Stati Uniti, nel corso del 2013, sono stati commessi circa 8 milioni di furti ( dati Fbi) contro il milione e cento circa commessi in Italia. Siccome gli Stati Uniti sono solo 5 volte più popolosi dell’Italia, vuol dire che lì ci sono circa un terzo di furti più che da noi.

E gli omicidi, o comunque i morti provocati dalle armi da fuoco? Negli Stati Uniti sono circa 33 mila all’anno ( approssimato per difetto) da noi circa 400, compresi tutti gli omicidi di mafia e camorra ( come anche in Francia, in Germania, in Spagna). Il rapporto tra loro e noi, considerata la differenza di popolazione, è di 1 a 15. Da brividi. Non credo che ci sia qualcuno in grado di sostenere la tesi che non esiste una relazione diretta tra possesso di armi da parte dei privati e numero di morti.

Per avere un’idea più chiara del problema si può paragonare il numero dei morti da armi da fuoco e il numero dei morti da incidenti stradale. Da noi i morti da incidente sono circa 3500 all’anno, quindi più o meno otto volte e mezzo più dei morti da arma da fuoco. Negli Stati Uniti i morti su strada sono lo stesso numero di quelli uccisi a revolverate.

La seconda domanda che mi sono posto ( quella “etica”) è più semplice, e richiede meno dati. Non credo che sia possibile porre sullo stesso piano vita e proprietà. Né che si possa mettere in discussione lo Stato di diritto, che prevede diritti uguali per tutti i cittadini, a prescindere dalla loro onestà, dai loro meriti o dalle loro colpe. Significherebbe stabilire che lo sviluppo della civiltà e dei suoi principi, che ha reso grande l’Europa e il nostro paese, è un bene secondario e commerciabile, e che può essere sospeso. Io penso che se noi accettassimo questa possibilità politica accetteremmo il rischio della barbarie. Ps. Sulla base di questa considerazione io mi permetto casomai di mettere in discussione l’articolo 52 del codice penale, perché eccessivamente permissivo nei confronti ci chi spara. Non ho obiezioni a rendere legale l’uso dell’arma contro l’aggressore e contro chi minaccia l’incolumità delle persone. Mi pare non del tutto convincente mettere sullo stesso piano il diritto all’incolumità e difesa del patrimonio. Come è attualmente. Ma può darsi che questo mio dubbio sia un “estremismo” dovuto all’influenza fortissima che il cristianesimo ha avuto su tutta la cultura italiana, e anche su di me