Per lei e la sua brillante (anche se povera) famiglia un libro non valeva granché se era “moralisticheggiante”. Se invece di pungolare, offriva una visione univoca della realtà. La famiglia Aubrey, di cui Fazi ha di recente riedito il primo volume di una trilogia, è una scoperta di quelle che ti rimettono in pace con la letteratura e con la lettura.

Immaginate una sorta di Piccole donne ambientato in Inghilterra all’inizio del 900, una madre musicista, un padre giornalista che a un certo punto scompare, più di un pizzico di femminismo e sorpresa! - una buona dose anche di garantismo!

Rebecca West è lo pseudonimo di Cicely Isabel Fairfield, che sceglie di chiamarsi così in onore di un’eroina femminista del drammaturgo Ibsen. Giornalista, polemista, amica di Viriginia Woolf, Rebecca West scrive la storia della sua famiglia in questa trilogia che ancora oggi la pone tra le migliori autrici del 900. Eppure per molti anni la sua fama era offuscata ( forse in parte anche giustamente) da quella dell’autrice delle Tre ghinee.

Ma oggi non è più così. Alessandro Baricco, nel suo libro Una certa idea di mondo, in cui propone la lettura di cinquanta imprescindibili libri, la consacra così: «Rebecca West non sapevo chi era. Ormai lo sanno in pochi anche in Inghilterra. Un’amica di Virginia Woolf, ti dicono, e poi si fermano lì. Io sono ancora qui a chiedermi come mai non si dica il contrario: Virginia Woolf? Ah, un’amica di Rebecca West».

Ma quale è il segreto di questa scrittrice che muore nel 1983 e che pare avesse anche un brutto carattere? È la magia del racconto, è quella immediatezza nel farti entrare nel mondo dell’altro, di tenerti incollata alla lettura senza che accada niente di straordinario. In realtà alla fine di questo volume, il colpo di scena c’è, ma non tale da distrarti dall’amore per le piccole cose, da una quotidianità tanto ripetitiva quanto unica.

Una famiglia così speciale, in cui tutte le tre figlie suonano il pianoforte anche se con risultati differenti ( la più grande si ostina a volerlo suonare, ma è negata!) non tiene lontano il mondo esterno. I vasi sono comunicanti. Il padre, un famoso giornalista che dirige però solo piccoli giornali, è un convinto garantista che si spende perché venga introdotto l’Appello nel sistema inglese. Una delle amiche della giovane protagonista, che è anche l’io narrante, viene coinvolta in un terribile caso di cronaca nera: il padre viene assassinato e la madre, che inizialmente fugge, viene accusata dell’omicidio. La famiglia Aubrey non giudica, accoglie in casa la figlia e la zia e aiuta l’imputata ad avere un bravo avvocato e un buon processo. Forse, pensa il padre, è stata davvero lei ad uccidere il marito, ma quel processo che poi la condanna è stato fatto calpestando ogni diritto alla difesa. E così si spende perché quella stortura possa essere cancellata. Ma non solo lui. Tutta la famiglia, comprese le figlie e il figlio più piccolo, partecipano a questa battaglia garantista.

Se proprio dobbiamo trovare altri riferimenti, per farvi venire voglia di leggere il primo volume della trilogia, pensate che è una sorta di Amica geniale ante litteram. Un affresco accattivante di una famiglia e di un’epoca. E c’è davvero l’amica geniale, la cugina Rosamund, che sa fare anche le magie.