Se non fosse stato per Timur Soykan e per l’articolo choc che ha pubblicato sulle colonne del quotidiano di opposizione Birgün, lo scandalo della sposa- bambina H. K. G (sono le sue iniziali) non sarebbe mai venuto alla luce. Come del resto accade per tante storie simili che ancora oggi flagellano la società turca con il compiaciuto silenzio delle autorità malgrado siano pratiche del tutto illegali.

Siamo agli inizi degli anni duemila quando H. K. G, figlia da un dirigente della fondazione Hiranur Vakfi associata alla potente confraternita religiosa Ismailaga viene offerta come sposa dal padre a un discepolo di 30 anni, Kadir Istekli: all’epoca H. K. G aveva appena... sette anni, un’età inconcepibile per contrarre un matrimonio.

Come ha raccontato lei stessa a Soykan in una toccante confessione, l’esperienza è stata atroce, costellata di abusi e violenze: «Io piangevo, ma Kadir mi toccava e mi carezzava lo stesso, dicendomi che eravamo marito e moglie come i miei genitori e che ero obbligata a fare certi “giochi”». Nel 2012, in seguito alla denuncia di un medico che sospettava il matrimonio forzato della bambina, viene aperta un’inchiesta dalla procura, ma la famiglia riesce a sfangarla sostituendo la prova ossea richiesta dal tribunale con quella di una ragazza più grande. Tutti dettagli che emergeranno otto anni dopo.

È stata infatti la stessa H. K. G. a denunciare il padre e il “marito” nel 2020 e, dopo due anni di battaglie, a portare a giudizio i due maschi protettori, arrestati dalla polizia lo scorso 15 dicembre. Il padreYusuf Ziya Gümüsel, che ha conoscenze in alto nel mondo della politica, ha negato di aver fatto sposare la figlia da minorenne, ma è stata lei stessa a fornire agli inquirenti le fotografie del suo matrimonio vestita in abito bianco e circondata dai parenti.

La prima udienza del processo ai due uomini è fissata per il prossimo 30 gennaio. La vicenda, balzata sulle cronache nazionali ha scosso a fondo l’opinione pubblica turca e costretto lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan a esprimere parole di condanna nei confronti di «abusi intollerabili» che saranno «oggetto di indagini rigorose».

Ma i legami tra il “sultano” e la confraternita Ismailaga sono noti e consolidati da tempo come ha evidenziato Soykan nella sua inchiesta, ricordando che lo scorso luglio erdogan ha partecipato personalmente ai funerali del suo leader Mahmut Ustaosmanoglu, personaggio che ha avuto una grande influenza nelle scelte del governo, su tutte la riconversione in Moschea della basilica di Santa Sofia a Istanbul e il ritiro della Turchia dalla Convenzione europea contro la violenza sulle donne.

È solo un esempio dell’invadenza dalle confraternite islamiche le quali controllano ampi settori del welfare turco, come la gestione degli appartamenti per studenti nelle università, in cambio del pieno sostegno politico al AKP, il partito del presidente.

Con il loro lobbismo tentacolare e con il loro radicamento nel mondo della politica rappresentano una stampella essenziale del blocco di potere erdoganiano. Con l’idea di spingere il governo ad abbattere mattone dopo mattone il principio di laicità dello Stato come denunciano da anni i partiti di opposizione.