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«Le capacità della Russia non sono infinite. Stiamo avendo sempre più casi di truppe russe che hanno prestato servizio in Ucraina e sono tornate in Russia rifiutandosi di tornare di nuovo per un altro dispiegamento. Abbiamo sempre più esempi di uffici di reclutamento militari russi attaccati, incendiati... sempre più storie di famiglie disposte a sostenere i loro figli che si nascondono dalla coscrizione». Sono le parole, rilasciate ai media, della dottoressa Jenny Mathers, una accademica dell'Università di Aberystwyth che si occupa di Ucraina e che raccontano come nonostante una quasi impenetrabile cortina della censura in Russia esista un fronte interno che riguarda le defezioni tra i militari e il sostegno offerto loro da alcune organizzazioni tra cui Il “Comitato delle madri”. Donne che impegnandosi in prima persona tentano di aiutare i ragazzi che non vogliono più combattere.
Il Comitato è una delle ong più longeve della Russia, attualmente dispone di 300 uffici regionali e gestisce 50mila contatti all'anno, tramite visite dirette o chiamate telefoniche. L'organizzazione è nata nel 1989 a Mosca, inizialmente la sua opera era indirizzata alla difesa dei soldati vittime degli abusi commessi durante il servizio militare. La sua azione si e sviluppata essenzialmente su due versanti: l’assistenza ai singoli soldati e la pressione per l’abolizione della coscrizione, il controllo civile sull’esercito e smilitarizzazione del sistema giudiziario. Lo scoppio del conflitto in Ucraina naturalmente ha investito il Comitato delle madri dei soldati di un nuovo impegno diretto principalmente a come aiutare legalmente coloro che non vogliono andare o tornare al fronte. La Russia non ha mai rilasciato cifre ufficiali o verificabili sul numero dei morti o dei renitenti alla leva ( compresi i disertori) ma la ferocia della guerra ne ha ingrossato sempre di più le file.
Dal 24 febbraio scorso, inizio dell'invasione in Ucraina, il Comitato delle madri ha cominciato a ricevere centinaia di telefonate giornaliere, famiglie disperate che hanno perso i contatti con i loro figli. Una volta arruolati ai soldati viene sottratto il cellulare per motivi di sicurezza. Svetlana Golub, la direttrice dell’organizzazione non governativa, ha spiegato che le famiglie dei militari sono completamente all’oscuro di ciò che sta accadendo ai loro cari. Molti di quelli che chiamano non hanno notizie da inizio febbraio. Secondo Golub “Non avevano idea che un'operazione speciale militare stesse per rendere il via'. Ecco perché il Comitato sta utilizzando il proprio database per tentare di localizzare i soldati, inviando richieste ai funzionari su dove si trovano e sul loro stato.
Oltre a questo lavoro c'è anche quello di tentare di riportare a casa i corpi dei militari che sono stati uccisi. Ciò è stato necessario quando si e capito che su questo punto il ministero della difesa era più che reticente. A chi chiama le varie sedi della ong viene risposto di far pressione anche a livello individuale. Il Comitato delle madri dei soldati infatti non si appella ai governi o strutture internazionali ma incoraggia a diventare attivisti per la difesa dei diritti dei propri figli oltre che delle famiglie.
Un esempio nell’appello pubblicato il 24 febbraio subito dopo la prima ondata di censura e repressione da parte del Cremlino. ' Rivolgiamo un appello anche al personale militare. Ufficiali! Voi potete inoltrare le richieste di rifiuto del servizio militare per non partecipare a questa tragedia, che in ogni caso sarà seguita da una amara ricompensa. Noi esortiamo chiunque abbia parenti o amici in Ucraina di cercare di avere sempre il polso della situazione. Ora è necessario comunicare, sostenere moralmente e psicologicamente e offrire tutta la più ampia assistenza possibile'.