La Via della Seta passerà per Panama. Affacciata sul gigantesco porto del piccolo paese centroamericano apre una nuova sede della Banca di sviluppo cinese, novità prevista in uno dei diciannove accordi di cooperazione bilaterale firmati il mese scorso insieme a una pioggia di finanziamenti cinesi (cash) nei settori dell’energia idroelettrica, delle infrastrutture per il trasporto e dell’agricoltura. Sarà la porta d’ingresso cinese in America.

Cina e Panama hanno formalmente allacciato relazioni diplomatiche a giugno 2017. L’espansione cinese in America latina non serve a Pechino solo a conquistare commercialmente una vasta porzione di mondo, ma anche a ridurre lo spazio diplomatico di Taiwan. Solo 17 Paesi al momento non riconoscono Taiwan: 9 di essi si trovano in America latina.

La Going Global Strategy lanciata da Pechino nel 1999 prevede la promozione degli investimenti delle imprese cinesi all'estero attraverso l'utilizzo della montagna di valuta accumulata negli anni del boom commerciale cinese.

La Cina compra in America latina e contemporaneamente vende, vende tantissimo. Nonostante le misure protezionistiche di alcuni Paesi, Argentina e Brasile soprattutto, il volume di importazione di prodotti cinesi nella regione negli ultimi dieci anni si è triplicato. E’ aumentato del 95% l'acciaio cinese importato nel continente: 1,9 milioni di tonnellate. In Venezuela, principale destinazione latinoamericana degli investimenti cinesi, Pechino finanzia il debito pubblico e si fa ripagare in petrolio.

Caracas spedisce ogni giorno in Cina 460 mila barili per pagare un prestito, già evaporato, di 20 miliardi di dollari. Deve restituire altri 30 miliardi. La Eximbank e la Banca per lo sviluppo della Cina hanno finanziato gli investimenti nella regione latinoamericana più della Banca mondiale. La Cina è il principale acquirente di rame in Perù, secondo produttore al mondo. La compagnia di Stato China Minmetals, ha comprato per 5,8 miliardi di dollari “Las Bambas”, il giacimento di rame più grande del Perù, in grado da solo di soddisfare il 13% di fabbisogno cinese. Il 33% delle risorse minerarie peruviane è nelle mani della Cina.

E' sempre Pechino ad estrarre e lavorare il litio boliviano, utile a mille usi tecnologici, anche alla fabbricazione di batterie per telefoni cellulari. E' la Export Import Bank of China a finanziare la produzione di gas della Bolivia, fino a dieci anni fa controllata dal Brasile. E' Pechino che finanzia l'estrazione del prezioso idrocarburo sul quale la Bolivia galleggia. E' Pechino a prestare, e non gratis, i milioni di dollari che servono per far funzionare gli impianti.

Affari di minimo volume, ma di grandi prospettive, Xi Pijing li fa anche a Cuba. Trattative in corso per rafforzare la presenza cinese sull’isola, approfittando della legge d'apertura agli investimenti esteri. Il principale interesse cinese è il Mariel, il grande porto dell'Avana rimesso a nuovo da capitale brasiliano con apporto di liquidità cinese. In corso d'opera è pure l'ampliamento dell'industria cinese del fotovoltaico nella provincia di Pinar del Rio.

La Cina è il secondo partner commerciale di Cuba, preceduto solo dal Venezuela. Gigantesco ovviamente, non foss'altro che per le dimensioni dei due Paesi, il volume d'affari cinesi in Brasile. Il boom economico brasiliano degli ultimi anni del secondo governo Lula, periodo d'oro che ha avuto il suo apice tra il 2009 e il 2010, è stato soprattutto un boom di consumi: beni di scarsa qualità venduti a basso costo e prodotti in Cina. Pechino ha inondato di merce scadente il mercato brasiliano e l'ha venduta guadagnando miliardi. Nel frattempo, vendendo, comprava. L'affare più succulento per gli investimenti cinesi in Brasile è lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio al largo di Rio de Janeiro.

Pechino è il secondo socio commerciale di Buenos Aires. E' cinese la seconda impresa di idrocarburi del Paese, la China National Offshore Oil Company (Cnocc). Il 30% delle vendite di prodotti alimentari a Buenos Aires avviene nei supermercati cinesi, i famosi "chinos". Vent'anni fa c'erano ancora i "bodegones" spagnoli, sacchi di aringhe, olive in barile e prosciutti appesi nei retrobottega. Oggi invece la spesa si fa dai cinesi e i "bodegones" sono diventati ristorantini per buongustai. Tutta la tecnologia che si assembla nelle industrie hi tech della Tierra del fuego, la Silicon Valley argentina, è fatta di pezzi cinesi.