A segnalarti quasi sempre persone “prossime”, anche se non necessariamente intime: vicini di casa, compagni di viaggio, colleghi d’ufficio, studenti e professori, clienti di ristorante. Oppure sconosciuti che si esprimono sui social media, passati al setaccio non solo dalla polizia informatica ma anche e soprattutto da milioni di zelanti calunniatori.

Solo nel 2022 sono state oltre 280mila le denunce effettuate dai privati cittadini alle autorità russe; in larga parte a finire nel mirino degli anonimi corvi sono persone che si sono espresse in modo critico sull’invasione dell’Ucraina o nei confronti del sistema politico “putiniano”. Oppure chi è sospettato di diffondere valori occidentali, contrari alla tradizione russa come ad esempio la temutissima “propaganda Lgbtq”. Sul sito di Roskomnadzor, l’agenzia federale che sorveglia le comunicazioni ( radio, tv e web) i cittadini possono scaricare specifici formulari per segnalare i vari “traditori” e le diverse fattispecie di reato.

Un’attività che sembra piacere moltissimo ai russi lealisti i quali prestano ogni giorno i loro occhi e le loro orecchie al Grande fratello del Cremlino, evidentemente soddisfatto di questa “polizia diffusa”. Basta una parola di troppo, un’opinione appena sfumata sul governo, un moto di compassione per i civili ucraini, un like accordato a una pagina internet sui diritti civili o su un gruppo musicale sgradito, per finire nel calderone della delazione corale. Mojem Obyasnit, un media investigativo russo indipendente ha recensito decine di casi, provando a ragionare sulle motivazioni che spingono le persone a denunciare un vicino o un conoscente.

C’è senz’altro il fervore patriottico esasperato dal conflitto con Kiev e fomentato dall’alto con la legge che punisce severamente chiunque parli di guerra invece di “operazione speciale”. Alcuni delatori e delatrici sembrano realmente convinti della bontà delle loro azioni. Come nel caso della studentessa universitaria Olesia Kravtsova, denunciata dai suoi compagni di corso per le sue posizioni pacifiste. Una decisione non semplice: prima della segnalazione alla polizia c’è stata un’accesa discussione tra gli studenti che si sono confrontati in un gruppo What’s app prima di prendere la decisione.

C’è poi, come sempre è accaduto nella storia dei regimi autoritari, chi segnala per convenienza o opportunismo, cogliendo l’occasione per un avanzamento di carriera o per liberarsi di qualcuno che gli è sgradito. Un meccanismo che da oltre un anno funziona a pieno regime e che ormai pare inarrestabile.

Lo scorso gennaio un informatico russo esiliato in Europa aveva lanciato una provocatoria applicazione: “La mia denuncia”, costruita sulla falsariga delle app di pubblica utilità come quelle per pagare le tasse o per dialogare con le autorità locali. Denunce da inoltrare comodamente con tanto di nome e cognome e attraverso il proprio smartphone.

Si trattava di una evidente parodia che scimmiottava il minaccioso dispositivo di delazione che sta dilagando in Russia, ma migliaia di utenti l’hanno presa sul serio: in sei mesi almeno 8mila persone sono state realmente denunciate per supposte attività eversive o anti- patriottiche. Molte le segnalazioni per individuare i presunti disertori, coloro che si sono nascosti per non andare a combattere in Ucraina o che non hanno raccolto la cartolina di reclutamento. Nei testi che accompagnano la denuncia c’è uno spaccato della deriva paranoica che sta colpendo la società russa.

Così un tale Alexei che si era «espresso negativamente sull’operazione speciale» e che aveva evitato il fronte ucraino, viene segnalato «affinché vada in guerra e impari ad amare la patria», oppure un coach di fitness arrestato per aver definito «con parole volgari» le politiche del presidente Putin, C’è persino chi se la prende con persone care, come Sergueï che ha segnalato il suo amico Oleg, non per farlo marcire in galera ma perché «venga rieducato». O l’insegnate di antropologia Alexandra Arkhipova denunciata da una studentessa per aver commentato con sdegno il massacro compiuto dai russi nel villaggio di Bucha.