È una “escalation” anti Lgbtq quella che il leader russo Vladimir Putin sembra intenzionato a portare avanti mettendo definitivamente al bando l’omosessualità, che in Russia potrebbe diventare un orientamento da “curare” attraverso le cosiddette “terapie di conversione”.

A far scattare l’allarme sono state le parole del ministro della Salute Mikhail Murashko, che ha annunciato la creazione - dietro ordine di Putin - di un “Istituto per lo studio del comportamento” presso il centro psichiatrico Serbsky, divenuto sotto l’Urss un mezzo di controllo e detenzione dei dissidenti. «C’è una direttiva del presidente per creare un istituto aggiuntivo al nostro Centro federale di psichiatria per studiare non solo questi, ma anche una serie di aree comportamentali, compreso il comportamento sociale», ha spiegato Murashko replicando al deputato Anatolij Vasserman in occasione della discussione parlamentare del 14 giugno, quando la Duma ha adottato in prima lettura, votando all’unanimità, un disegno di legge che vieta alle persone transgender la riassegnazione del genere per via chirurgia e legale. Un progetto che dovrebbe erigere «una barriera alla penetrazione dell'ideologia anti-famiglia occidentale», e che si aggiunge come nuovo tassello nella strategia repressiva della Russia putiniana.

Prima con l’inasprimento, lo scorso ottobre, delle legge sulla “propaganda Lgbtq”, che vieta qualunque riferimento “all’ideologia gender”. E ora con una sorta di regolamentazione e implementazione di quelle terapie di conversione che le Nazioni Unite equiparano alla tortura, e che sarebbero già praticate nei “centri di riabilitazione” sparsi sul territorio russo. «Questa notizia sconvolge, sorprende, indigna», dice Yulia Aleshina, avvocata e prima politica transgender in Russia, parlando con Novaya Gazeta Europe. A lanciare l’allarme sono anche degli attivisti Nef Cellarius e Maksim Olenichev, i quali leggono nelle parole del ministro della salute un cupo scenario: «La psichiatria punitiva - spiegano - sarà applicata non solo alle persone transgender o omosessuali, ma a tutte le persone il cui “comportamento sociale” non piace allo Stati: dissidenti, eco-attivisti... chiunque».