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CORTE SUPREMA USA
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha bloccato una sentenza di grado inferiore che ordinava all’amministrazione Trump di reintegrare oltre 16mila dipendenti federali licenziati mentre erano ancora in prova. La decisione, presa da una maggioranza conservatrice, consente quindi al governo federale di proseguire con la politica di esclusione dei dipendenti considerati non idonei.
Secondo la Corte, le organizzazioni non profit che avevano avviato il procedimento legale per fermare i licenziamenti di massa non avevano un legittimo interesse giuridico sufficiente per portare avanti la causa.
La sentenza del tribunale di grado inferiore
Il mese scorso, un giudice distrettuale della California aveva emesso un’ordinanza che obbligava sei agenzie federali – tra cui i Dipartimenti del Tesoro, della Difesa, dell’Agricoltura, dell’Energia, degli Affari dei Veterani e dell’Interno – a riassumere i dipendenti licenziati. Secondo il giudice, la motivazione addotta dall’amministrazione Trump, ovvero «scarse prestazioni», era stata definita una “farsa”.
Lo scontro in Corte Suprema
Nonostante il contenzioso resti formalmente aperto, l’intervento della Corte Suprema congela di fatto l’effetto immediato della sentenza. Due giudici di orientamento liberale, Sonia Sotomayor e Ketanji Brown Jackson, hanno espresso pubblicamente il loro dissenso rispetto alla decisione della maggioranza.
Con questa pronuncia, la Corte conferma il suo ruolo centrale nell’equilibrio tra poteri, soprattutto nei casi che toccano la gestione del personale federale e l’autorità esecutiva.