Il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha presentato ieri le richieste di mandato d’arresto davanti alla Camera preliminare I della Cpi in riferimento “alla situazione nello Stato di Palestina”. La notizia era già nell’aria una ventina di giorni fa (si veda Il Dubbio del 30 aprile), ma da più parti si è cercato di ridimensionare le probabili mosse dell’Aja. Ora l’iniziativa presa dalla Corte è ufficiale.

La richiesta di arresto si divide in due parti. La prima ha come destinatari Yahya Sinwar (capo del movimento di resistenza islamica “Hamas” nella Striscia di Gaza), Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, più comunemente noto come Deif (comandante in capo dell'ala militare di Hamas, le Brigate Al -Qassam) e Ismail Haniyeh (capo dell’ufficio politico di Hamas). I tre sono considerati “responsabili penalmente” di una serie di crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi sul territorio di Israele e dello Stato di Palestina, sulla Striscia di Gaza, “almeno dal 7 ottobre 2023”.

Gravissime le accuse rivolte ai vertici di Hamas. Tra i reati contestati a Sinwar, Al-Masri e ad Haniyeh vi sono «lo sterminio come crimine contro l'umanità, contrario all'articolo 7, comma 1, lettera b), dello Statuto di Roma», «l’omicidio come crimine contro l'umanità, e come crimine di guerra», «la presa di ostaggi» intesa come «un crimine di guerra», lo «stupro e altri atti di violenza sessuale come crimini contro l’umanità e anche come crimini di guerra nel contesto della prigionia», la «tortura come crimine contro l’umanità anche come crimine di guerra, nel contesto della prigionia».

«Il mio ufficio – si legge nel comunicato diffuso dal procuratore Khan – sostiene che i presunti crimini di guerra siano stati commessi nel contesto di un conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina e di un conflitto armato non internazionale tra Israele e Hamas che si svolgeva parallelamente. Riteniamo che i crimini contro l’umanità contestati facessero parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Israele da parte di Hamas e di altri gruppi armati. Alcuni di questi crimini, secondo la nostra valutazione, continuano ancora oggi».

L’altro “capitolo” della richiesta dei mandati di arresto riguarda, invece, Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. Nessuna accusa, per il momento, è stata formulata nei confronti di Herzi Halevi, capo dell’Idf, alle fine di aprile indicato come possibile destinatario di una richiesta di arresto della Cpi. Il primo ministro israeliano ha definito uno “scandalo” le accuse provenienti dall’Aja. «Sulla base delle prove raccolte ed esaminate dal mio ufficio – scrive Khan –, ho ragionevoli motivi per ritenere che Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, e Yoav Gallant, ministro della Difesa israeliano, siano responsabili penalmente di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi sul territorio dello Stato di Palestina, nella Striscia di Gaza, almeno dall’8 ottobre 2023».

Nel caso israeliano si fa riferimento alla «fame dei civili come metodo di guerra, come crimine di guerra contrario all’articolo 8, comma 2, lettera b, paragrafo xxv, dello Statuto della Cpi». L’accusa si sofferma pure su un’altra tipologia di crimine di guerra consistente nel «causare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute» o «trattamenti crudeli». E ancora. Netanyahu e Gallant sono accusati di aver diretto «intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile». Gravissime le accuse di «sterminio e-o omicidio contrario agli articoli 7(1)(b) e 7(1)(a), anche nel contesto di morti per fame, come crimine contro l'umanità». Si fa infine riferimento alle fattispecie di “persecuzione” e “altri atti disumani” che costituiscono crimini contro l’umanità ai sensi dell’articolo 7 dello Statuto della Corte penale internazionale.

«Riteniamo – aggiunge il procuratore Karim Khan – che i crimini contro l’umanità contestati siano stati commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile palestinese in conformità alla politica statale. Questi crimini, secondo la nostra valutazione, continuano ancora oggi. Il mio ufficio sostiene che le prove raccolte, comprese interviste con sopravvissuti e testimoni oculari, video autenticati, foto e materiale audio, immagini satellitari e dichiarazioni, dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le parti di Gaza di oggetti indispensabili alla sopravvivenza umana».

Giuseppe Paccione, professore di diritto internazionale della Unicusano, evidenzia che «il nocciolo della decisione del procuratore Khan di emettere i mandati d’arresto non ha nulla a che vedere con le ragioni del conflitto, ma solo con i crimini di guerra e contro l’umanità che si sono concretizzati con la commissione da parte dei vertici israeliani e di Hamas». L’attività investigativa della Cpi è stata intensa. «Per arrivare ai mandati d’arresto – commenta Paccione –, il procuratore Khan ha presentato delle prove per ritenere che siano state violate le norme delle quattro Convenzioni di Ginevra e dei due Protocolli, come, ad esempio, l’usare intenzionalmente lo strumento della fame dei civili come metodo di guerra e l’omicidio e la persecuzione dei palestinesi come crimini contro l’umanità. La Cpi ha voluto prendere in mano la situazione per cancellare ogni malinteso sul suo ruolo e sulla sua giurisdizione per ricordare agli Stati che non esiste conflitto che debba essere escluso dalla portata della legge dell’umanità. Spetterà ora ai giudici accogliere la richiesta del procuratore di emissione dei mandati e stabilire quali mandati dovrebbero essere emessi».

La giustizia penale internazionale indaga e agisce di conseguenza, a dispetto di chi pensava che fosse solo un ornamento della comunità internazionale.