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L’INTERVENTO DELLA CEDU PER IL LEADER CURDO IMPRIGIONATO
Un nuovo fronte di scontro si è aperto tra l’Europa e la Turchia, dopo la notizia della condanna a 22 anni della deputata curda dell’HDP, Leyla Guven, per ragioni esclusivamente politiche con la presa di posizione fortemente critica delle istituzioni di Bruxelles, ieri la Corte europea per i diritti dell’uomo ( Cedu) ha intimato ad Ankara di rimettere in libertà il leader dello stesso HDP, Selahattin Demirtas.
Si tratta del politico che guidava il Partito democratico dei popoli, formazione di sinistra filo- curda il più importante oppositore allo strapotere di Erdogan, capace nel 2015 di ottenere un grande risultato elettorale ( il 10% al parlamento turco) tale da attirare intorno a se una coalizione progressista che mise in minoranza il padre padrone della Turchia.
L’anno successivo andò in scena il cosiddetto golpe attribuito a Gulen che aprì la strada però ad una repressione generalizzata che portò in carcere anche lo stesso Demirtas, attualmente condannato a 142 anni di prigione.
L’ex capo dell’HDP è un avvocato di 47 anni che ha lavorato sui i diritti umani, un volto carismatico che ha cambiato la stessa opposizione anti Erdogan costruendo una coalizione composta da altri partiti di sinistra, ambientalisti e non solo curdi. Nello stesso tempo aveva accreditato il suo partito come forza moderata. Su questa base l’HDP assunse il ruolo di mediazione tra il governo e la guerriglia del PKK. Probabilmente un pericolo troppo grande per Erdogan che ben presto interruppe i colloqui di pace e accusò i mediatori di attività terroristica.
Proprio per questo motivo, dopo una prima condanna per propaganda sovversiva, all'inizio del 2017 Demirtas ha dovuto affrontato nuove accuse, tra cui la leadership di un'organizzazione terroristica armata, istigazione e organizzazione di manifestazioni illegali.
Imputazioni che lo portarono in carcere ma che non furono mai supportate da prove.
La CEDU ha già ordinato alla Turchia di liberare il politico curdo nel 2018, Erdogan rispose che l’istituzione europea non avesse nessuna giurisdizione in merito rifiutando ogni ipotesi di rilascio. Ankara aggiunse che la Corte per i diritti dell’uomo non ha un potere vincolante con le sue sentenze nonostante la Turchia faccia parte del Consiglio d'Europa, in cui gli Stati membri accettano di seguire proprio le decisioni della CEDU.
Anche questa volta dunque difficilmente Demirtas potrà uscire dal penitenziario nel quale è rinchiuso e che si trova al confine con la Bulgaria. Una situazione che assume anche contorni paradossali tipici dei regimi autoritari. ù L’HDP infatti continua a rappresentare la terza forza politica all’interno dell’Assemblea Nazionale con 56 seggi su 600. Sicuramente lontana dal predominio dell’AKP di Erdogan ma ancora capace di rappresentare un’alternativa.
Non a caso la Corte europea ha scritto nel dispositivo della sua sentenza che la detenzione di Demirtas è completamente illegale.
Impossibilitato a partecipare alle competizioni elettorali del 2017 e 2018, ha avuto lo scopo dichiarato di «colpire il pluralismo e ridurre la libertà del dibattito politico» e «ha privato migliaia di elettori della loro rappresentanza nell’assemblea nazionale» .