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L'Egitto "condanna, nei termini più forti" il "passo del Parlamento turco" con cui è stato deciso di "inviare forze turche in Libia". Lo ha affermato questa settimana il ministero degli Esteri egiziano. Il Cairo da tempo appoggia il generale Khalifa Haftar che da aprile sta cercando di conquistare Tripoli. Una reazione dura che contrasta con il silenzio dei Paesi europei.Con l’approvazione del dispiegamento di truppe in Libia da parte del parlamento, la Turchia di Erdogan ha ufficializzato la “militarizzazione”, in corso da mesi, della propria politica estera nel Mediterraneo. Fin dallo scorsa primavera Ankara fornisce soldati e uomini dell’intelligence, armamenti e droni alle milizie che supportano il Governo di Accordo Nazionale (Gna) presieduto da Fayez Al Sarraj a Tripoli, nello scontro con l’Esercito Nazionale Libico (Lna) guidato da Khalifa Haftar, che fa capo al governo di Tobruk. La recente offensiva che ha consentito all’Lna di conquistare nuovi territori a sud della capitale, grazie al crescente sostegno militare offerto ad Haftar dalla Russia in coordinamento con Egitto ed Emirati Arabi Uniti, ha spinto Erdogan a effettuare un salto di qualità nel suo impegno al fianco di Al Sarraj, con il quale ha siglato un patto di sicurezza. In tal modo Erdogan ha posto il Gna sotto la protezione turca per garantire la sopravvivenza di Al Sarraj, probabilmente nell’ottica di un accordo con l’Lna e Haftar mediato con Vladimir Putin, a garanzia di un ruolo preminente sia di Ankara che di Mosca nel futuro della Libia.Non sarà facile però trovare una sintesi che favorisca la fine delle ostilità: come far accettare, infatti, ad Egitto ed Emirati Arabi Uniti la possibilità che i Fratelli musulmani continuino ad avere un ruolo rilevante in Libia? Per i governi del Cairo e Abu Dhabi, i Fratelli musulmani sono un’organizzazione terroristica, mentre le fazioni, i leader politici e i gruppi armati riconducibili alla Fratellanza esercitano una forte influenza sul Gna e Al Sarraj, con l’appoggio della Turchia e in maniera più defilata del Qatar, i due grandi sponsor dell’organizzazione transnazionale islamista. Da queste dinamiche, i Paesi occidentali continuano ad essere distaccati. Gli Stati Uniti, infatti, sono concentrati prevalentemente sul versante iraniano, vedasi il raid ordinato da Trump e costato la vita al generale Suleimani. Francia, Italia, Germania e Gran Bretagna, in continuo disaccordo fra loro, stanno lasciando, come detto, campo libero a Turchia e Russia.L’Italia, in particolare, è appiattita sin dall’inizio sul sostegno al Gna e ad Al Sarraj. Ciò ha reso problematica l’interlocuzione con Haftar, malgrado i tentativi effettuati da Giuseppe Conte con la conferenza di Palermo e da Luigi Di Maio con la recente visita a Bengasi. In prospettiva, per la cura e la soddisfazione dei propri interessi economici, energetici e di sicurezza, concentrati principalmente in Tripolitania, l’Italia corre il rischio di dover chiedere aiuto ad Ankara, le cui ambizioni neo-ottomane, mai nascoste di Erdogan, si stanno estendendo in maniera aggressiva a tutto il Mediterraneo.In tale ottica, di riavere cioè da parte turca il predominio nel Mediterraneo, Tripoli avrà il ruolo di avamposto della rinnovata egemonia di Ankara in Nord Africa e nell’Europa del sud. L’Italia è il Paese europeo più esposto al disegno geopolitico di Erdogan, di cui parte integrante è la promozione del fondamentalismo dei Fratelli musulmani. Nulle le reazioni al riguardo da Roma e da Bruxelles.L’Italia e il resto dei Paesi europei continuano, infatti, a legittimare il Gna di Al Sarraj, ormai legato mani e piedi alla Turchia, come il governo libico riconosciuto ufficialmente dalla comunità internazionale sulla falsariga dell’Onu e con l’acquiescenza di Nato e Stati Uniti. In estrema sintesi, nessuno pare in grado, al momento, di contrastare efficacemente il Sultano di Ankara.