Il clou arriva quando da un altoparlante è stato chiesto a 50mila persone - i delegati ufficiali che sono 4.700, più i sostenitori - di rimanere perfettamente immobili per scattare la foto ufficiale della Convention democratica con una macchina fotografica “vecchia di cent’anni, e con l’obiettivo molto sensibile”, e un intero stadio l’ha fatto per davvero. Tutti i media del mondo hanno raccontato un partito democratico riunificato per davvero a Chicago per l’investitura ufficiale di Kamala Harris, ma niente lo racconta meglio di quel momento in cui una folle enorme, che fino a un secondo prima piangeva, rideva, cantava e ballava, si congela a richiesta.

Le convention USA sono sempre state anzitutto un grande spettacolo, e certo qua nel decrepito cinismo da Vecchio Continente lo si può anche vedere come una via di mezzo tra il Festival di Sanremo e Propaganda Live. Ma stavolta i dem americani hanno superato se stessi. Per forza: dovevano costruire un racconto complesso per presentare la candidata alla Casa Bianca, per spiegare agli americani chi sia, da quale storia provenga, perché è stata scelta proprio lei, per fare cosa. E soprattutto perché ha il profilo perfetto per battere Donald Trump.

E il titanico racconto, articolato in sessioni successive di oltre 5 ore l’una (si può vedere sulla piattaforma Amazon Prime), è stato uno spettacolo formidabile. Sul palco, tra rappresentative, senatori, governatori, presidenti dei vari comitati del partito, primeggiavano tutte le etnie non bianche, non wasp: neri, asiatici, nativi americani, latinoamericani e donne in stragrande maggioranza, Comunità i cui voti sono cruciali. Non una minoranza presente in quel melting pot che è la società americana è stata trascurata, dovendo sostenere una candidata come Kamala Harris che viene da una minoranza nelle minoranze americane, poiché gli indiani sono solo l’1 per cento.

“Kamala è figlia di una immigrata, come me. È una donna che ha sempre lavorato, come me che prima di arrivare al Congresso facevo la cameriera, come ricorda sempre Trump. Ma il fatto è che a noi piace lavorare” ha detto Alexandra Ocasio Cortez, congress woman bandiera della sinistra arrivata ad applaudire Hillary Clinton quando dal palco ha alluso al fatto di essere anche lei figlia di immigrati (dall’Inghilterra), pronunciando per prima la parola aborto, “Kamala lo reintegrerà a livello federale”, invece di parlare come tutti gli altri di “diritti riproduttivi”.

Perché poi nel racconto a incastro, esattamente come in un super talk televisivo, tutti i tasselli convergevano nel medesimo disegno. Il disegno politico illustrato dai leader - Biden, i due Clinton, i due Obama, la stessa Harris e il suo candidato vice Walz - era costellato di testimonianze, a concretizzare perché la scelta tra Harris e Trump alle presidenziali di novembre è “tra il sogno americano e l’incubo americano”, come ha brillantemente sintetizzato nel suo intervento Jasmine Crockett, congresswoman nera del Texas.

Dunque, per la libertà nelle scelte riproduttive ha parlato la ragazzina violentata dal patrigno a 12 anni e costretta ad andare in California perché nel suo Stato l’aborto non è più un diritto nemmeno in caso di stupro. E la testimonianza va in scena dopo il mix di dichiarazioni di Trump in interviste televisive, “sì, renderò l’aborto reato statale”, “sì, lo faró perché le donne devono essere punite”. Per il lavoro, c’è Obama che spiega come “Trump pensa solo a stesso, noi pensiamo agli americani”, e c’è Biden che rivendica di aver creato 16milioni di posti di lavoro, e di questi ben 800mila laddove è ormai quasi impossibile creare lavoro, e cioè nell’industria manifatturiera, ma ci sono anche due due piccoli imprenditori che son riusciti ad aver successo anche grazie al fiume di aiuti statali post pandemia, che hanno creato una super inflazione che il Nobel Paul Krugman ha provato a smontare spiegando, sulle colonne del New York Times, che i salari però son cresciuti due punti più dell’inflazione.

C’è il filmato di Trump che attacca quel poco che esiste in USA di assistenza sanitaria pubblica, e ci sono i diabetici che raccontano come solo con l’attuale amministrazione della Casa Bianca la spesa mensile per l’insulina sia passata da 637 a 65 dollari. A un certo punto, dopo flash dei famosi video in cui Trump raccomanda agli americani di iniettarsi candeggina contro il Covid, compare anche un malato di Sla in sedia a rotelle che racconta il suo calvario durante la pandemia trumpiana.

E poi, tanto rock, Oprah Winfrey, le stelle della NBA, tutte ma proprio tutte le Union, tutte le associazioni delle comunità locali e tutte le gamme dell’LGBT+, vescovi cattolici, bishop (donne) presbiteriane, rabbini e mullah… Tutto punteggiato anche da scene della vita di Kamala Harris, incarnazione vera del sogno americano - “lei lavorava e studiava, non ha fatto Yale per vivere di rendita grazie a un libro come JD Vance”, dice una sua amica d’infanzia. La storia di Kamala non serve solo a farla conoscere al grande pubblico, dato che i vicepresidenti vivono sempre un po’ in un cono d’ombra: serve a disegnare l’archetipo vincente dell’eroe americano. Anzi dell’eroina. Che in quanto tale si prenderà cura dell’America. “Si prenderà cura di te”, come ripetono in coro Biden, Clinton e gli Obama.

E anzi, a questo proposito, della self-made-woman figlia di madre single e immigrata diventata General Attorney (carica elettiva in America, è bene ricordarlo) e poi ministro della Giustizia della California, ecco la ragazzina del liceo che ricorda una visita nella sua scuola: “Quello che mi ha colpito non è quel che ha detto, è che mi abbia abbracciato”.

“We the people…”, recita l’abbrivio della Costituzione americana, ed ecco Kamala che, in un intervento prima del discorso di accettazione della candidatura, dice risfoderando Lincoln che all’America “serve un presidente del popolo, per il popolo”. Scorrono le immagini del sobborgo in cui Harris è cresciuta, lievitando dalla povertà alla classe media, e perfino Joe Biden pluridecennale rappresentante di uno degli Stati americani più ricchi qual è il Delaware, riscopre le sue origini middle class.

E ha pure ragione, Joe Biden, a ricordare il motto degli antichi greci, “il carattere è il destino”. Harris è una dura, si è forgiata perseguendo narcotrafficanti e trafficanti di esseri umani, e la scelta che l’America ha davanti – come suggerisce Hillary Clinton, ma non solo lei - è “tra chi difende la nostra comunità attraverso la legge e un imputato in 34 processi”. “Rule of law keeps America free”, è lo stato di diritto a garantire la libertà in America, dice Harris in un altro video.

Kamala usa poco la parola democrazia, parla invece molto di libertà. Perché naturalmente la democrazia è ciò che permette di vivere liberi. Ma dire “Trump vi toglierà la libertà”, è enormemente più efficace che non accusarlo di essere antidemocratico.