In Israele è in corso una «guerra» che non è meno importante di quelle combattute in passato per difendere i confini: è una lotta per «salvaguardare la democrazia» e «le prossime settimane saranno critiche». Non ha usato mezzi termini Avi Himi, presidente dell'Ordine degli avvocati in Israele, in un'intervista ad Haaretz in cui parla delle proteste contro la riforma della Giustizia promossa dal governo di Benjamin Netanyahu. Proteste che l'hanno visto in prima linea, prendendo la parola la settimana scorsa alla manifestazione a Tel Aviv, alla quale hanno partecipato oltre 100 mila persone. «Le nostre vite sono in gioco: se la rivoluzione del nuovo governo avrà successo, significa che i nostri figli non potranno vivere in questo Paese, e quindi mi sento obbligato a pagare un prezzo per fermare questa follia. Non ci hanno lasciato scelta. Non abbiamo molto tempo. Le prossime settimane saranno critiche, proprio come lo fu la Guerra d'Indipendenza», ha affermato Himi nell'intervista.

«Dal mio punto di vista, anche la democrazia è una causa per la quale vale la pena morire. Non vivremo in una dittatura, punto. Salvaguardare la democrazia è importante quanto salvaguardare i confini del Paese. E' ancora più importante dei confini fisici, perché è il nostro spirito, la nostra anima. Vedo questa lotta parallela alla nostra guerra contro i nemici esterni», ha aggiunto, puntando il dito contro «nemici interni» che «non sono una minaccia meno seria di qualsiasi altro nemico».

Quanto alle possibilità di dare vita a una versione condivisa della riforma, istituendo un'ampia commissione che ne discuta, il noto penalista ha rimarcato la necessita di «dire chiaramente che i valori della Dichiarazione di Indipendenza devono essere la base per un dialogo. Solo se saranno d'accordo con noi su questo ci sarà qualcosa di cui parlare. Fino ad allora, ci deve essere una lotta determinata».