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Israele non ci sta e respinge con sdegno l’iniziativa del Sudafrica che ha portato lo Stato ebraico davanti la Corte internazionale di giustizia (Cig) con l’accusa, gravissima, di genocidio.
Dopo le requisitorie di Pretoria, il secondo giorno di udienze a l’Aja è consacrato alle repliche della difesa. E il team legale di Tel Aviv, pur non potendo negare le stragi di civili a Gaza (23mila vittime in tre mesi), punta a dimostrare che dietro l’offensiva militare contro Hamas non c’è nessuna volontà di sterminio della popolazione palestinese. Si tratta di un aspetto cruciale per determinare il crimine di genocidio, che ha il suo fondamento nell’intenzione. Secondo Pretoria la volontà di annientare la popolazione civile sarebbe suffragata da alcune dichiarazioni degli esponenti più estremisti, del governo Netanyahu.
«Non tutti i conflitti sono genocidi. Il crimine di genocidio nel diritto internazionale si distingue tra le violazioni come l’apice del male, il crimine dei crimini, il massimo della malvagità. Se le accuse di genocidio dovessero diventare moneta comune nei conflitti armati ovunque si siano verificati, l’essenza di quel crimine andrebbe persa», tuona l’avvocato Malcolm Shaw. Un altro membro del collegio difensivo, la giurista Galit Rajuan, ha sottolineato come ogni conflitto armato nelle aree urbane porti con sé la perdita di vite civili, denunciando a sua volta il movimento islamista di utilizzarli come scudi umani per rallentare l’offensiva dell’Idf: «Si servono di strutture apparentemente civili per scopi militari. Case, scuole, moschee, strutture e rifugi dell’Onu sono tutti sfruttati per scopi militari da Hamas, anche come siti di lancio di razzi. Diversi palestinesi di Gaza hanno inoltre riferito che Hamas ha rubato aiuti come carburante e attrezzature mediche».
Rajuan ha poi definito «incredibile» l’accusa di genocidio rivolta allo stato ebraico, affermando che l’esercito israeliano «nei limiti del possibile ha sempre avvertito i residenti prima di sferrare un raid aereo, una precauzione che richiede risorse e intelligence e non ha mai colpito deliberatamente edifici civili e ospedali che sono stati danneggiati dai combattimenti che avvengono nelle loro vicinanze». Respingendo inoltre le insinuazioni sulla deportazione dei palestinesi al di fuori della Striscia: «Non c’è nessuna volontà di trasferire i palestinesi, è una notizia falsa, abbiamo solo organizzato evacuazioni come misure di protezione secondo le leggi sul diritto umanitario».
Il legale più celebre e quotato del team legale israeliano, l’avvocato Christopher Staker, già capo del dipartimento giuridico della Cig, ha poi rivendicato il diritto di Israele a difendersi dopo l’attacco su larga scala del 7 ottobre, spiegando che mettere in pausa le operazioni militari darebbe a Hamas la possibilità di riorganizzarsi: «Questo non è un caso in cui misure provvisorie possono imporre ad entrambe le parti in conflitto una reciproca moderazione: perché Hamas intende continuare i suoi attacchi contro Israele e i suoi cittadini: ciò priverebbe Israele della capacità di far fronte alla minaccia alla sua sicurezza, metterebbe fine ai tentativi di salvare gli ostaggi ancora a Gaza” e Hamas avrebbe più tempo per sviluppare le proprie capacità, permettendogli di rappresentare una minaccia ancora maggiore».
Le conclusioni dell’audizione sono spettate a Gilad Noam, viceprocuratore generale di Israele per il quale l’accusa non è riuscita a dimostrare che è in corso un genocidio dei palestinesi di Gaza: «Gli eventi che sono oggetto del presente procedimento si verificano nel quadro di una guerra istigata da Hamas, disciplinata dal quadro giuridico del diritto internazionale umanitario. Israele ha adempiuto a tutti i suoi obblighi legali, le misure provvisorie richieste sono ingiustificate».
Come era prevedibile, le arringhe non hanno affatto convinto il ministro della Giustizia sudafricano, Ronald Lamola, il quale ha confermato le posizioni di Pretoria sostenendo che Israele non ha presentato prove sostanziali per scagionarsi. «Lo Stato di Israele oggi non è riuscito a confutare la tesi del Sudafrica presentata ieri alla Corte. Rimaniamo fedeli ai fatti, alla legge e a tutte le prove che abbiamo presentato», continua Lamola, precisando che il Sudafrica ritiene ancora che Tel Aviv agisca «in violazione della Convenzione sul genocidio». A queste parole è seguita una coda acida, con diversi esponenti dell’esecutivo di Tel Aviv che accusano Pretoria di «fare il gioco di Hamas» e sostanzialmente di «fare il tifo per i terroristi».