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iran donne rivolta
Aida Rostami è stata trovata senza vita la scorsa settimana in un sobborgo a ovest di Teheran, con un occhio pesto, la testa e le braccia fracassate: la polizia l’ha restituita alla famiglia dicendo che era stata vittima di un’incidente stradale, versione smentita dai parenti che parlano apertamente di tortura e omicidio dopo aver fatto esaminare il corpo.
Aida aveva 36 anni ed era una dei tanti medici che curava a domicilio i giovani manifestanti che, da oltre tre mesi, scendono in piazza scuotendo le fondamenta del regime degli ayatollah. L’ultima volta che la sua famiglia l’ha vista stava appunto andando a casa di un ragazzo reduce da un corteo che aveva le braccia fratturate.
Impossibile farsi curare negli ospedali pubblici che pullulano di agenti di sicurezza e di miliziani basiji an caccia di “sovversivi”, spesso strappano le ragazze e i ragazzi fin dai lettini degli ambulatori per portarli nei commissariati e poi in cella. Il più delle volte li “accompagnano” fin dalle ambulanze che, come denunciano i sindacati dei medici, «sembrano diventate dei mezzi di trasporto per poliziotti».
Nel feroce crepuscolo della Repubblica sciita, anche chi cura gli oppositori tenendo fede al proprio codice deontologico è considerato un nemico di Dio e un complice dell’eversione e per questo diventa in automatico un obiettivo della repressione politica.
Sono infatti decine, forse di più i medici finiti in carcere con l’accusa di aver prestato soccorso ai contestatori picchiati durante i cortei anti-regime, gli ultimi finiti nell’abisso delle prigioni politiche si chiamano Yaser Rahmanirad, Behnam Ohadi, Homayoun Eftekharinia, tutti di Shiraz, arrestati a Mahabad, citta del Kurdistan iraniano mentre curavano dei feriti per la strada. Attualmente sono in carcere privi di qualsiasi assistenza legale in attesa di un processo. Lavoravano all’ospedale Shariati dove i loro colleghi sono sces a loro volta in sciopero e hanno manifestato per chiedere, invano, la loro immediata liberazione.
Sempre nelle regioni curde, a Sanandaj, un altro medico, il giovane chirurgo Iman Navabi è finito nelle mani delle forze dell’ordine, picchiato e arrestato in piazza come testimonia un video realizzato dai dimostranti che ritrae il momento in cui viene portato via. Accusato di “inimicizia verso Dio” è stato condannato a morte per impiccagione sulla pubblica piazza, al termine di un processo durato pochi giorni che si è svolto a porte chiuse.
Nella capitale solamente le cliniche private garantiscono una relativa riservatezza ai pazienti colpiti dalla polizia e nei referti medici le ferite da proiettili di gomma e da manganello vengono registrati come “incidenti sul lavoro” o “traumi domestici” , uno stratagemma che ha permesso a molti di sfuggire ai fitti controlli delle autorità. Come racconta la direttrice di un pronto soccorso Fariba (ovviamente un nome fittizio n.d.r.) al quotidiano francese Le Monde il personale sanitario è schierato totalmente dalla parte dei dimostranti, scioccato dalla durezza della polizia hanno istituito delle procedure standard per aggirare la sorveglianza: «Fin dall’inizio abbiamo deciso di proteggere i dimostranti e di curarli gratis, in questi mesi ne sono arrivati a centinaia, moltissimi erano stati colpiti da armi da fuoco e questo dimostra l’ampiezza della repressione». Anche i certificati di decesso vengono falsificati nel timore che i servizi di sicurezza possano scatenare una rappresaglia nei confronti delle famiglie.
I medici di base che vogliono aiutare i ragazzi e le ragazze fuori da ospedali e cliniche compiono visite clandestine negli appartamenti, confidando sulla solidarietà del vicinato, anche se i delatori sono sempre in agguato, mentre sulle loro pagine Instagram spiegano come medicare delle ferite superficiali, “steccare” un arto fratturato e persino come praticare una rianimazione cardiaca. Hanno messo a disposizione anche gli indirizzi dei siti web dove acquistare medicinali o addirittura macchinari per curarsi a domicilio, ma le transazioni sono molto pericolose e quindi effettuate in bitcoin o altre criptovalute.
C’è poi chi scende in piazza a fianco dei dimostranti per curarli in caso di pestaggi o cariche con piccoli kit di emergenza che contengono garze sterili, siringhe, soluzioni fisiologiche , disinfettanti e panni umidi da applicare sugli occhi irritati dai gas lacrimogeni In assoluto si tratta di uno dei comportamenti più rischiosi che li espone direttamente alla brutalità delle milizie governative. Ma anche il coraggio dei medici che sfidano il regime ci dice come questa rivolta sia diversa da tutte le altre.