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Pubblichiamo di seguito la lettera che alcuni detenuti del carcere di Evin, in Iran, hanno scritto a sostegno di Reza Khandan, marito dell’avvocata iraniana per i diritti umani Nasrin Sotoudeh. All’attivista anti ayatollah, e a sua figlia, viene impedito da mesi di fargli visita in carcere perché non indossa il velo obbligatorio.
«Da oltre nove mesi, le autorità del carcere di Evin hanno privato Reza Khandan del diritto di incontrare la moglie, Nasrin Sotoudeh, e anche i tentativi dei suoi figli di vederlo sono stati ostacolati, con episodi di tensione e violenza da parte del personale carcerario. Nasrin Sotoudeh, moglie di Reza Khandan, e la figlia Mehraveh sono state private del diritto di visita perché si sono rifiutate di indossare il velo obbligatorio secondo le direttive delle autorità del carcere di Evin.
Reza Khandan, condannato a tre anni e mezzo di carcere per essersi opposto al velo obbligatorio, ha iniziato martedì 30 settembre 2025 (8 Mehr 1404 del calendario iraniano) un sit-in davanti all’ufficio delle autorità carcerarie in segno di protesta contro il divieto di visita con la moglie.
Noi, prigionieri politici detenuti insieme a Reza Khandan, consideriamo la decisione delle autorità carcerarie di vietare le visite a lui e a sua moglie con il pretesto del velo, una forma di “tortura bianca” inflitta a lui e alla sua famiglia.
Ciò avviene mentre oggi lo Stato, il Parlamento, la Polizia e molte istituzioni pubbliche si sono ritirati dall’imposizione del velo obbligatorio ai cittadini. Privare un detenuto del diritto alle visite è una chiara violazione dei diritti umani, tanto più quando esistono mezzi legali alternativi — come la concessione del permesso temporaneo — ai quali Reza Khandan è stato anch’egli arbitrariamente negato.
Le autorità del carcere di Evin ricorrono a pretesti legali e normativi per impedire le visite tra Reza Khandan e Nasrin Sotoudeh, ma quando si tratta di applicare quelle stesse norme per concedere un permesso temporaneo, si rifiutano di farlo. Noi firmatari di questa dichiarazione chiediamo alle autorità del carcere di Evin di porre fine a questa decisione disumana che da nove mesi impedisce a Reza Khandan e a sua moglie di incontrarsi».
Firmatari:
Vadood Asadi, Mahmoud Ojaghloo, Sajjad Imannejad, Shahriar Barati, Morteza Parvin, Vahid Qadirzadeh, Mersal Book, Mehrdad Grivani, Mohammad Mehdi Mohammadi Rahbari, Mohammad Najafi, Taher Naqvi, Reza Valizadeh.